L’inchiesta che ha portato alla cattura di Rossano Apicella e altri 4. Il 47enne è ritenuto vicino agli ambienti dei D’Alessandro e dei Di Martino
L’inchiesta che ha portato cinque persone in manette indiziate, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di detenzione a fine di spaccio di droga prende le mosse da inchieste precedenti. L’ordinanza riguarda l’esistenza e l’operatività, sul territorio di Gragnano e zone limitrofe, in due distinti momenti, (dal 2016 al 2017 – indagine “Krug”, e dal 2021 indagine “Smart Working”), di gruppi specializzati nel traffico di droga che fanno capo facenti capo a Rossano Apicella, accusato da un pentito di legami con il clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia, e con il clan Di Martino di Gragnano.
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Apicella, 47 anni, è tra i destinatari del provvedimento in carcere insieme a Rosaria Vitiello, 45 anni, Dario Apicella, giovane fratello di Rossano, di 21 anni, Vincenzo Donnarumma, 26 anni, e Salvatore Pio Pennino di 25.
Un alto tenore di vita
Tra gli elementi che gli inquirenti hanno definito «sintomatici» dell’associazione, rientra anche l’alto tenere di vita degli indagati. Gli appartenenti alla famiglia Apicella, sebbene non svolgano alcuna attività lavorativa, da sempre conducono un alto tenore di vita, dovuto – secondo la Procura – ai «proventi derivanti dalla gestione della piazza di spaccio di sostanze stupefacenti». Le indagini dei carabinieri hanno dimostrato che hanno a disposizione numerosi motocicli e autovetture; sono difesi da illustri avvocati penalisti; organizzano vacanze di lusso; comprano abiti di marca; si sottopongono a trattamenti estetici e di bellezza; hanno aperto finanche una boutique che si chiama «Ad maiora» e che si trova ubicato in via Castellammare di Gragnano.
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Gli Apicella hanno poi dimostrato facilità nel cambiare metodologia nella loro attività di spaccio di stupefacenti, il tutto al fine di sviare eventuali indagini a loro carico. Tra e caratteristiche delle cessioni c’era il lancio della droga dal balcone, poi definitivamente abbandonato per le consegne itineranti con accordo telefonico con l’acquirente. Gli ordini venivano fatti su whatsapp e social network.
Fondamentali per l’indagine sono state le intercettazioni. «Ma perché hai questa voce?» chiede uno. La risposta è interessante: «Tengo il telefono a mostro», lasciando intendere che, per sviare le cimici (e avvalendosi di un’apposita app) ha modificato il timbro della voce. Successivamente, dice «sta venendo Baldo, si sta venendo a prendere i soldi delle sigarette, glieli vuoi buttare dal balcone?». Il già citato spaccio con la tecnica del «lancio dal balcone» poi sostituito dallo spaccio con la tecnica del «delivery».