Avrebbero svuotato il patrimonio di due società confidi Coldiretti: maxi sequestro da 20 milioni

Eseguite anche 5 misure cautelari: due persone ai domiciliari

È di cinque persone raggiunte da misure cautelari e di un maxi sequestro di 25 immobili e auto storiche e di lusso per un valore di venti milioni di euro, il bilancio dell’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere (Procuratore Pierpaolo Bruni e Aggiunto Carmine Renzulli) e della Guardia di Finanza di Caserta sulla bancarotta di due società confidi della Coldiretti, impegnate nel sensibile settore del rilascio delle garanzie alle piccole e medie imprese agricole al fine di favorirne l’accesso al credito di banche e di altri intermediari finanziari. Gli immobili sequestrati sono situati in tutta Italia, in particolare in Puglia, Lazio, Toscana, Lombardia, Sicilia.

Agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio, sono finiti l’imprenditore ed ex uomo di Coldiretti Enrico Leccisi, il noto commercialista di Santa Maria Capua Vetere nonché docente universitario Raffaele Marcello, mentre per altri due commercialisti coinvolti sono stati disposte le interdittive a svolgere la professione, e un’ultima misura dell’obbligo di dimora è stata notificata alla compagna di Leccisi.

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Il quadro accusatorio

L’indagine è partita dalla denuncia presentata dai referenti del collegio sindacale della Coldiretti, cui non erano stati forniti i bilanci di liquidazione; dagli accertamenti è emerso il coinvolgimento del liquidatore delle due società confidi (Agricentro Nord, e Agricentro Sud) di professionisti e di prestanome, nell’azione di costante svuotamento del patrimonio aziendale, che poi ha portato al fallimento delle due società (una già fallita, l’altra sottoposta a procedimento fallimentare al tribunale di Roma), che sono rimaste solo con i debiti aziendali e i debiti di firma collegati alla garanzie confidi rilasciate alle banche e non sono state dunque più in grado di essere solvibili ai fini appunto della garanzie prestate, con danni alle piccole e medie imprese agricole.

Sono stati i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caserta a ricostruire il complesso quadro di operazioni finanziarie e commerciali ideati dagli indagati per svuotare il patrimonio aziendale; in primis gli indagati hanno fornito false valutazioni al ribasso dei compendi aziendali, per poi procedere alla cessione di rami d’azienda a prezzi inferiori a quelli reali e di mercato a società appositamente costituite e controllate di fatto proprio dal liquidatore dei due confidi.

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L’indagine

Un’indagine non facile quella delle Fiamme Gialle casertane, visto che le compagini costituite per acquisire i beni delle due società da svuotare erano numerose e sono state accertate sei cessioni ad altrettante società create ad hoc, fino all’ultima che era di diritto estero, in particolare panamense, e ciò per rendere difficoltoso risalire al gestore di fatto.

Leccisi, secondo gli investigatori, a un certo punto ha anche trasferito le sedi delle due società confidi da Roma a Santa Maria Capua Vetere. Qui la Procura ha raccolto le diverse denunce presentate in giro per l’Italia, delegando poi le indagini alla Finanza. I beni che Leccisi è riuscito ad acquisire in modo fraudolento dalle due società in liquidazione sono poi serviti per acquisire auto e immobili di lusso in giro per l’Italia.

«Queste condotte – ha spiegato il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caserta Nicola Sportelli al termine della conferenza stampa tenuta negli uffici della Procura di Santa Maria Capua Vetere – hanno danneggiato Coldiretti per il depauperamento di tutti i suoi beni, ma ancora di più centinaia di piccole e medie aziende agricole che da hanno perso la garanzia del Confidi e dovranno ora provvedere con le proprie risorse a rientrare dalle esposizioni con banche e altre società finanziarie».

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