I verbali del collaboratore: «Io prendevo il 2% dai cinesi e il 6% da un uomo di Enzo Di Lauro. L’8% lo dividevo con Genny e Cosimo Marullo»
Cosimo Marullo, insieme a Rodolphe Ballaera, nato in Belgio, ma con origini siciliane, il milanese Paolo Falavigna, Antonio Lo Manto, esponente del clan mafioso di Brancaccio, Giovanni Nuvoletta, della omonima cosca camorristica di Marano e a Marco Mezzatesta è tra i soggetti più importanti della indagine della Procura Europea che ha scoperto una frode Iva da oltre 500 milioni commessa da una organizzazione criminale con legami con le mafie.
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Marullo è indicato tra i capi e organizzatori. Secondo quanto hanno ricostruito gli inquirenti, disporrebbe di una scuderia di missing trader e buffer – intestate a prestanome, rinvenuti e retribuiti da Salvatore Tamburrino – e intrattiene i rapporti con gli esponenti di vertice delle altre consorterie, che utilizzano la filiera di ripulitura cosiddetta «napoletana». Per gli inquirenti si occupa di coordinare l’attività di alcuni appartenenti alla filiera «romana». Si occuperebbe quindi dell’autoriciclaggio dei profitti ottenuti.
Ma dove ha preso i soldi?
Gli inquirenti hanno accertato che il sistema era stato finanziato investendo i capitali illeciti della camorra, soldi provenienti dal cugino Salvatore Tamburrino (con cui spartiva i guadagni delle frodi), prima esponente di spicco del clan Di Lauro di Scampia e poi divenuto collaboratore di giustizia subito dopo l’omicidio della moglie Norina Matuozzo, avvenuto nei primi mesi del 2019.
Non solo. Avrebbe fruito della protezione del clan e, nello stesso tempo, avrebbe favorito la latitanza di Marco Di Lauro fornendo schede sim intestate a prestanome ai suoi fiancheggiatori. Quando Tamburrino iniziò la sua collaborazione, consentì subito di localizzare e arrestare il boss latitante Marco Di Lauro, in fuga da quasi quindici anni.
Tamburrino, nella maxinchiesta sulle frodi Iva è tra gli indagati. Marullo investe nel sistema delle frodi carosello denaro del clan Di Lauro di Scampia e, fino a che era libero, spartiva i proventi illeciti con il cugino Salvatore Tamburrino, esponente del clan, agevolando così l’intera associazione di via Cupa dell’Arco.
Gennaro Marullo partecipa ai guadagni illeciti con il fratello Cosimo, si occupa della gestione delle cartiere e delle disposizioni di bonifico bancario, atte a simulare le compravendite della merce ripulita. Partecipa agli incontri con gli altri sodali e con esponenti delle altre organizzazioni criminali (tra cui Ballaera e Lo Manto), finalizzati a estendere la rete di affari illeciti.
Le dichiarazioni di Salvatore Tamburrino
In un verbale datato 4 dicembre 2023 Tamburrino dichiara: «Ho fatto parte del clan Di Lauro e sono già stato condannato per 416 bis dal 2000 al 2004 e poi di nuovo fino al 2019, beneficiando dell’attenuante prevista per i collaboratori di giustizia». Il pentito Tamburrino, per gli inquirenti, è attendibile e il pm gli chiede di fornire elementi in merito al coinvolgimento del clan Di Lauro nelle frodi all’Iva nel settore dei prodotti elettronici. È Tamburrino che tira in mezzo i suoi cugini Cosimo e Gennaro Marullo, per quali ha indicato le percentuali di guadagno. Ha poi precisato di come questi avessero deciso di non intrattenere rapporti personali e diretti con altri esponenti del clan Di Lauro per evitare il rischio di possibili aggressioni patrimoniali.
«Il clan Di Lauro si occupa di tali attività tramite una persona arrestata con Enzo Di Lauro, figlio di Paolo – spiega Tamburrino – Aveva imprese fittizie con suoi prestanome. Faceva girare bonifici da persone di sua conoscenza per poi ricavarne liquidità, girandoli su aziende che avevo io con prestanomi: io avevo un mio prestanome. Il referente mi girava i bonifici a fronte fatture emesse da noi e poi io giravo le somme in Cina. Tramite un mio amico di Secondigliano che acquistava abbigliamento intimo per San Giuseppe Vesuviano, io inviavo i soldi in Cina e quando i cinesi visualizzavano i bonifici, mi davano liquidità con provvigione del 2%. Io, a mia volta, giravo i soldi all’uomo di Enzo Di Lauro che li girava poi ai suoi contatti, ma non so chi siano».
Ma chi ci guadagnava?
Il pentito spiega: «Io – anche per Marco Di Lauro – Cosimo e Genny Marullo; l’altro ci guadagnava con Vincenzo Di Lauro che mi ha chiesto, talvolta, imprese da utilizzare ma quelle che avevo mi servivano tutte per le frodi. Io prendevo il 2% dai cinesi ed il 6% dall’uomo di Enzo; L’8 % lo dividevo con Genny e Cosimo Marullo; Genny era bravo a trasmettere informaticamente bonifici e fatture. Le fatture erano inesistenti, merce non ne girava».
I finanziatori erano i Di Lauro, ma di che cifre parliamo? Gli inquirenti parlano di 300.000 euro immessi nel circuito di frodi carosello gestito dal cugino Cosimo Marullo, che aveva assicurato a Tamburrino una percentuale mensile di guadagno nella misura del 2%. Percentuale che il collaboratore aveva riversato nella cassa del clan Di Lauro al fine di ampliare la disponibilità e fare fronte alle necessità dell’organizzazione criminale fra cui, in particolare, quella di provvedere al sostentamento degli affiliati detenuti.