Gli italiani sono migliori di quella sinistra che sa soltanto dire «no». E per crescere, scelgono la voglia di futuro riformista che anima i conservatori
Per l’antica saggezza è «Meglio essere l’ultimo dei primi che il primo degli ultimi». Ma il Pd di Schlein la pensa diversamente. E sin da quando è apparso evidente che i liguri avevano scelto come loro presidente, Bucci (48,7%) e Centrodestra (48,15%) hanno cominciato, a dire che sì, l’ex ministro Orlando (47,52%) aveva perso, ma il Pd (28,57%) era arrivato primo nel «campo santo» (48,4%).
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Una litania che hanno intonato per l’intera settimana, senza rendersi conto che il loro candidato aveva preso meno voti della coalizione e perso anche la partita del voto disgiunto. «Chi si contenta, gode»! E, alla sinistra, basta aver ottenuto, in questo caso, mezza vittoria (come in Sardegna, a febbraio scorso, dove come coalizione ha vinto il centrodestra, ma come governatore la Todde grazie al voto disgiunto), contro le 12 e mezza del centrodestra nelle 13 elezioni svoltesi dal dopo settembre ‘22 ad oggi.
L’unica barriera
Gli italiani sono migliori di quella sinistra che continua a proporsi come unica barriera al ritorno dell’«uomo nero» che non c’è; per la difesa dei diritti sociali che questo governo metterebbe in discussione; della Rai a rischio Meloni, eppure, oggi, dopo due anni di governo di centrodestra, un giorno sì e l’altro pure mette a loro disposizione spazio e tempo per sputare veleno sull’esecutivo e in occasione del voto ligure ha permesso a Ranucci d’infilare nella serata di domenica la trappola «Report», durante la quale per tutto il tempo non ha fatto che spargere fango sul centrodestra e l’ex governatore.
Senza parlare delle 11.219 manifestazioni di protesta (che si sono svolte in Italia dal 2023 ad oggi) fra scioperi, indetti dalle organizzazioni del lavoro, iniziative pro-pal in teoria per la pace, in realtà contro l’esecutivo volute da gruppi studenteschi e universitari con infiltrazioni antisemiti, pro Hamas, pro-Pal, anarchici, antagonisti e centri sociali – in 397 delle quali si sono registrate «turbative dell’ordine pubblico» – con la partecipazione delle opposizioni politiche e l’appoggio dei media amici. Certo la motivazione era giusta: la ricerca della pace, ma l’obiettivo reale era affondare il governo.
Un Paese sicuro
Alla luce di queste premesse, della decisione della Procura di Genova di non arrivare a sentenza ma costringere Toti a patteggiare e dimettersi da governatore pur di lasciare i domiciliari e di una magistratura che, ormai è chiaro, ritiene di aver conquistato il titolo di «potere dei poteri» (ora ha chiesto anche il bavaglio per la stampa sulle questioni di casa sua).
Vedi il nuovo attacco al decreto «Paesi Sicuri» del Governo da parte della Procura di Bologna, che, addirittura, rivaluterebbe la Germania nazista – che «con questi criteri (secondo i magistrati) sarebbe stata ritenuta un Paese sicuro» – e chiesto alla Corte di Giustizia Europea di tenere qui tutti i clandestini, perché in Europa non ci sono Paesi sicuri dove rimpatriarli. Tranne, evidentemente, che l’Italia. A questo punto, però, non per gli italiani. Ammesso che oggi lo sia.
Attenzione, però, le «toghe» non fanno opposizione politica. Magari, se «rosse», un tantinello strumentale, ma niente di più. Basta leggere il documento con i «trucchetti» per impedire i trasferimenti in Albania, per rendersi conto di quanto.
Il retrogradismo
Ma come detto prima, gli italiani sono migliori di quella sinistra tutta «chiacchiere e distintivo», che si dice progressista, ma è l’emblema del «retrogradismo». Le cui priorità sono più quelle rivolte a trasformare «desideri privati e personali» in «diritti sociali», di cui si dice portatrice, che le riforme vere (fisco, autonomia, premierato, giustizia, separazione delle carriere dei magistrati, sanità, e sicurezza) innovatrici, cui dice sempre «no».
Così come alla realizzazione di quelle infrastrutture: ponte sullo stretto, ferrovie, interventi per il riassetto idrogeologico del territorio, ecc., che l’Italia cerca di portare avanti, seppure con lentezza per i «niet» della sinistra. Sicché ora è chiaro a tutti: il progresso è dimostratamente a destra, mentre dalla loro parte è solo «decrescita (in)felice» come da retaggio «grillesco».
E non basteranno le regionali in Emilia Romagna (con pillola abortiva o meno che il Pd emiliano ha promesso di inviare direttamente a casa) e Umbria per invertire la rotta. Perché il vero conservatore protegge: ideali, tradizioni, usi e costumi dei padri, ma non limitandosi ad ammirarli estasiato, bensì, aggiornandoli per adeguarli ai tempi e agli eventi per i figli. Tutto questo, insieme alla stabilità dei governi aiuta i Paesi a crescere.
Non sarà perché la Meloni è unanimemente riconosciuta come una dei principali protagonisti di questa rivoluzione conservatrice che qualcuno la minaccia per metterla in difficoltà e farla dimettere? Possibile, ma ha sbagliato palazzo. Lei non si farà impaurire e come chiesto dall’ex ministro (Ulivo-Pds-Pd) Minniti, chi deve proteggerla lo farà. E «a buon intenditor poche parole»