I collaboratori di giustizia hanno raccontato le modalità con le quali venivano corrisposte le dazioni di denaro
Nel 2003 e nel 2004 il clan Gionta di Torre Annunziata (Napoli) imponeva il pizzo ai titolari del Savoia Calcio e anche l’inserimento nella lista dei giocatori figli e parenti degli affiliati: a dichiararlo, agli inquirenti, sono i collaboratori di giustizia.
La circostanza – inserita negli atti su cui si basano i cinque arresti eseguiti dai carabinieri di Torre Annunziata – è stata resa nota ai militari e alla DDA di Napoli durante l’interrogatorio reso dal pentito Michele Palumbo, il 29 ottobre 2015.
Più di un collaboratore di giustizia ha spiegato agli investigatori le modalità con le quali venivano corrisposte le dazioni di denaro: il pentito Pietro Izzo, per esempio, in occasione dell’interrogatorio del 14 marzo 2022, fa riferimento a un pagamento ricevuto nel 2015, da 10mila euro e poi aggiunge, dopo avere spiegato i particolari che «la dirigenza della squadra regalava anche gli abbonamenti che venivano dati ai nostri figli e non direttamente a noi» e poi aggiunge: «ancora adesso la squadra paga l’estorsione» anche se «non gioca più a Torre (Annunziata) ma a Giugliano e si chiama Giugliano-Torre».
Ma, sempre secondo i «pentiti» le cifre che venivano corrisposte erano state anche parecchio più cospicue, come riferito, per esempio, il 30 aprile 2009, da Vincenzo Saurro: «venimmo a sapere che … avevano imposto a Moxedano (Mario, presidente all’epoca) il pagamento di una tangente equivalente a quattro-cinquecento mila euro» e che «a seguito del pagamento di questa tangente il clan Gionta decise di aumentare gli stipendi degli affiliati: venne aumentato lo stipendio a tutti gli affiliati … anche per il sottoscritto, da una somma che oscillava dai 1500-2000 euro a quella assai più consistente che andava dai 3000 ai 3500 euro».