Era al vertice di un gruppo che aveva contatti con i Polverino-Orlando-Nuvoletta. Destinatario di un’ordinanza resa definitiva dalla Cassazione
Era riuscito a sfuggire alla cattura il 6 agosto scorso, quando le forze dell’ordine avevano smantellato una rete criminale dedita al traffico e allo spaccio di stupefacenti. Ma il 32enne Mariano D’Ambrosio, noto come «Barba», non è riuscito a sfuggire a lungo. L’operazione, condotta alle prime luci dell’alba dai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, ha messo fine alla sua latitanza.
Gli investigatori non hanno mai allentato la presa, seguendo attentamente le tracce dell’uomo nel territorio di Marano, dove si nascondeva insieme alla famiglia nella casa del suocero. D’Ambrosio non ha opposto resistenza al momento dell’arresto ed è stato immediatamente trasferito in carcere.
Considerato uno dei membri più rilevanti del gruppo, D’Ambrosio era noto per il suo ruolo di spicco in una rete di spaccio che estendeva il suo raggio d’azione dal comune di Marano fino alla fascia costiera domiziana e alla vicina Caserta. Gli inquirenti ritengono che il 32enne avesse compiti direttivi all’interno dell’organizzazione, gestendo le piazze di spaccio, coordinando le consegne delle sostanze, reclutando giovani venditori e organizzando incontri per impartire nuove istruzioni. Le attività di controllo del territorio erano sistematiche, anche per evitare interventi da parte delle forze dell’ordine, con un monitoraggio costante delle piattaforme online e una supervisione sul campo.
Già noto per reati legati alla droga con condanne risalenti al 2013 e al 2019, D’Ambrosio sarebbe stato uno dei garanti delle «mesate», ossia i compensi mensili distribuiti agli affiliati in base all’attività svolta. Le autorità collegano l’organizzazione criminale alla storica influenza del clan Orlando-Polverino e Nuvoletta, radicato a Marano. La cattura del 6 agosto, che aveva colpito l’intera rete criminale, ha infine raggiunto anche D’Ambrosio, con un’ordinanza di custodia cautelare confermata lo scorso luglio dalla Corte di Cassazione.