Niko Mucci: il viaggio di un artista tra teatro, musica e vita

di Maddalena Villano

In un’intervista esclusiva a ilSud24, Niko Mucci, attore, regista e poeta, si è raccontato ripercorrendo le tappe di un viaggio straordinario che attraversa la musica, il teatro e la poesia, con un unico filo conduttore: la ricerca dell’empatia.

La collaborazione con la compagnia comica «La Smorfia» di Troisi

«Quello che lega tutto quanto è la ricerca dell’empatia» afferma Mucci. «Io sento il bisogno di collegarmi alle persone. Ho iniziato come musicista, pur non essendo particolarmente bravo, ma ho sempre cercato di esprimere qualcosa di mio attraverso la musica e la poesia».

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Una carriera poliedrica, che Mucci ha intrapreso con una curiosità insaziabile, aprendosi a varie forme d’arte e collaborando con figure di spicco della scena musicale e teatrale italiana, come Roberto De Simone e Enzo Decaro.

Mucci vive un’esperienza straordinaria nella compagnia comica «La Smorfia», condividendo il palco con Massimo Troisi e Lello Arena: «Feci parte del gruppo per un anno, ma poi decisi di continuare gli studi, lasciando che la mia strada prendesse una direzione diversa».

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Una carriera poliedrica

Racconta di come sia entrato nel teatro quasi per caso, attraverso la musica. Prima come tecnico e musicista, poi gradualmente come attore e regista, ha imparato a conoscere ogni aspetto della messa in scena, costruendo passo dopo passo la sua carriera. «Ho iniziato facendo piccoli ruoli, scrivendo le musiche degli spettacoli e disegnando le luci. L’intenzione era sempre quella di diventare regista, ispirato dagli spettacoli straordinari della mia giovinezza». Tra i suoi maestri cita Gennaro Vitiello, che lo ha guidato nella scoperta di un teatro vero, autentico.

L’incidente e la voglia di ritornare in scena

Nonostante i molti successi, la vita di Niko Mucci è stata segnata da un grave incidente che ha rischiato di interrompere la sua carriera e la sua stessa esistenza. «Sono stato in coma per 15 giorni, tre mesi e mezzo in ospedale» ricorda. «L’incidente mi ha costretto a fermarmi e a riflettere profondamente su chi ero e cosa volevo fare della mia vita. Non lo chiamerò mai una fortuna, ma mi ha aperto gli occhi».

Dopo la lunga convalescenza, Mucci ha avuto un ritorno in scena quasi miracoloso. Contro ogni aspettativa, ha recitato in uno spettacolo del Museo di San Martino senza l’uso delle stampelle, un’esperienza che lo ha fatto sentire «rinato». Da quel momento, ha diretto numerosi spettacoli teatrali, partecipato a film e pubblicato poesie. «Forse, se non avessi avuto quell’incidente, non avrei fatto tutte queste cose» riflette.

La poesia come riflesso dell’anima

L’animo di poeta emerge in modo toccante quando parla del suo rapporto con il figlio, al quale ha dedicato una poesia giocata su ripetizioni verbali dove tutte le parole finivano con la stessa sillaba, ma carica di significato emotivo. La poesia recita:

«Figlio che con uno sbadiglio
distruggi il mio consiglio
per evitarti uno sbaglio
non prender per abbaglio
tutto quel che voglio
spiegarti in un bisbiglio
che va di padre in figlio
Mi ascolti pien d’orgoglio
nel tuo candor di giglio
mentre cerco un appiglio
che ti convinca a me
mi guardi con cipiglio
ma io non me la piglio
sai, solo per un miglio
io ti accompagnerò»

La poesia occupa un posto speciale nel suo percorso. Mucci spiega come attraverso i versi riesca a connettersi profondamente con il pubblico, spingendo le persone a ritrovare se stesse nelle sue parole. «Nella prefazione di uno dei miei libri, Lettere mai spedite, scrivo: ‘Non cercate il poeta nelle poesie, cercate voi stessi’. La poesia, come la musica, risuona nell’anima e crea immagini personali. Questo è il potere dell’arte».

I laboratori teatrali come mezzo per trasmettere il pensiero critico alle giovani generazioni

La sua attenzione si rivolge anche ai giovani, a cui Mucci trasmette l’importanza del pensiero critico. Con i suoi laboratori teatrali, insegna non solo la tecnica del teatro, ma anche il valore del ragionamento e della riflessione. «I giovani sono sovraccarichi di informazioni, ma non sanno come usarle. Il mio compito è farli pensare, insegnare loro a non subire, ma ad essere attivi, a ragionare sulle cose».

L’arte della memoria e il progetto «Fahrenheit 451»

Un altro progetto a cui Mucci sta lavorando con passione è una rivisitazione teatrale di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, romanzo distopico che affronta il tema del potere della conoscenza e della libertà. Il libro, in cui i pompieri bruciano i libri per evitare che le persone sviluppino pensieri critici, rappresenta per Mucci un monito sul valore della cultura e del pensiero libero.

Riflettendo sulla sua lunga carriera, Mucci individua due momenti chiave: il successo in un ruolo comico in uno spettacolo sul Seicento Napoletano, in cui sostituì un attore all’ultimo minuto e ricevette elogi dalla critica, e il primo spettacolo che ha diretto dopo l’incidente, che aveva meditato a lungo durante la sua permanenza in ospedale. «Questi momenti mi hanno confermato che, nonostante tutto, il mio percorso aveva un senso. Ogni volta che metto in scena uno spettacolo o scrivo una poesia, sento di aver seminato qualcosa».

L’empatia al centro delle connessioni

Mucci conclude l’intervista con una riflessione sul suo amore per la vita e per l’arte: «Ho bisogno di comunicare con le persone. Durante il Covid è stato durissimo non poterlo fare, ma mi sono accorto di quanto fosse importante ogni singola parola, ogni singolo gesto. Alla fine, è questo il senso di tutto: entrare in empatia con gli altri, attraverso l’arte, la poesia, il teatro». Un artista completo, che ha trasformato la sua vita e le sue esperienze in una ricerca continua di connessione con il mondo.

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