Case Celesti, i pentiti: «Pagano voleva liberarsi di Gennaro Marino»

di Enrico Biasi

Le rivelazioni di Luca Menna e Biagio Esposito: il progetto era quello di colpirlo una volta scarcerato, poi uccidere anche i fratelli e i cugini

Non c’erano solo i Di Lauro a volere la morte di Gennaro Marino, il boss appena colpito da un decreto di sequestro da 19 milioni di euro. Nel mirino c’era lui e tutti gli appartenenti al suo gruppo. Nel corso degli anni, le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia hanno permesso di scoprire che anche altre organizzazioni criminali dell’area nord stavano aspettando il momento opportuno per regolare i conti con il sodalizio delle Case Celesti. «Cesare Pagano voleva liberarsi di Gennaro Marino».

Il gruppo dirigente delle Case Celesti

A riferirlo agli inquirenti è stato il collaboratore di giustizia Luca Menna che, durante un interrogatorio, ha raccontato delle intenzioni degli Amato-Pagano di sbarazzarsi del gruppo dirigente delle Case Celesti. «Ricordo – ha riferito Menna – che una volta sono andato a Milano, con mio cognato Biagio Esposito, referente sul territorio del clan, dopo l’arresto di Rito Calzone e il blitz del maggio 2009, e Giacomo Migliaccio, per incontrare Arcangelo Abete, proprio perché Biagio doveva parlare con lui di cose del clan».

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Menna, però, ha spiegato di non aver partecipato personalmente al summit perché si era sentito poco bene e, quindi, di non essere a conoscenza di quali siano stati gli argomenti di conversazione. Tuttavia, ha proseguito il collaboratore, al suo rientro Biagio Esposito «mi disse che anche Abete come i vertici del clan Amato-Pagano, in particolare Cesare Pagano, voleva liberarsi di Gennaro Marino».

«Invero – ha proseguito il collaboratore -, di tale volontà io ne ho avuto conoscenza credo nell’anno 2008, quando lavoravo ancora per i Marino e ripetutamente mi lamentavo con mio cognato Carmine Cerrato, e costui mi disse di portare pazienza, perché Cesare Pagano aveva già deciso l’eliminazione di Gennaro Marino, del fratello Gaetano e dei cugini Roberto Manganiello, Angelo Marino e Ciro Nocerino, ma doveva attendere l’uscita dal carcere di Gennaro Marino, perché colpire uno dei suoi parenti, o tutti, avrebbe reso concreto il pericolo che questi decidesse di collaborare con la giustizia».

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Il racconto di Biagio Esposito

Delle intenzioni degli Amato-Pagano ha riferito anche Biagio Esposito che, per diverso tempo, è stato il reggente della ‘federazione scissionista’. Il collaboratore ha, infatti, dichiarato ai magistrati che in occasione di alcuni incontri avuti con Arcangelo Abete quando questi era agli arresti domiciliari in Lombardia, si parlò anche di «Gennaro Marino, con il quale il clan non aveva buoni rapporti. Arcangelo Abete non si lamentava in via diretta di Gennaro Marino, ma diceva che la sua scelta era di stare con Cesarino e, quindi, qualsiasi decisione di Cesare Pagano in merito a lui andava bene».

Dichiarazioni che poi sono state confermate da quanto accaduto qualche mese più tardi quando, agli inizi del 2012, i Marino decidono di schierarsi apertamente contro gli Amato-Pagano alleandosi con la ‘Vanella Grassi’ e le altre famiglie di Scampia e Secondigliano. È l’inizio di quella che verrà ribattezzata la ‘terza faida’. Uno scontro caratterizzato da improvvisi cambi di schieramento e alleanze sottobanco e che, alla fine, si concluderà con la vittoria dei cosiddetti ‘girati’, il cartello criminale di cui fanno parte anche i Marino. Il sodalizio, tuttavia, pagherà un prezzo altissimo con l’omicidio di Gaetano Marino.

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