Ex Ilva, a Taranto riacceso l’altoforno 1. Ma c’è attesa per i forni elettrici

di Antonella Di Martino

Il ministro Urso: «La sua ripartenza era necessaria per il processo di decarbonizzazione»

La riaccensione dell’altoforno 1 nello stabilimento ex Ilva di Taranto è accompagnata dalle polemiche in quella che, invece, doveva essere un giorno di speranza. Il ministro delle imprese e made in Italy Adolfo Urso ha presieduto una cerimonia per la ripartenza dell’impianto, fermo da agosto 2023 per manutenzione, mentre all’esterno della fabbrica era in corso di un sit-in di cittadini e attivisti di associazioni e comitati.

L’altoforno 1, che si affianca all’altoforno 4, l’unico in marcia dal gennaio scorso, consentirà una risalita produttiva. L’impianto è però destinato a fermarsi nuovamente per il rifacimento del crogiolo nei primi mesi del 2025, quando rientrerà in funzione l’altoforno numero 2. Un periodo di transizione in attesa della costruzione dei due altiforni elettrici previsti dal piano industriale illustrato alla fine di aprile.

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Presenti alla cerimonia di accensione, trasmessa in differita su uno schermo della sala conferenze che ha accolto le autorità, i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria e di Ilva in as. Già alla vigilia aveva declinato l’invito a partecipare il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, per il quale gli sforzi istituzionali devono andare «nella esclusiva direzione della radicale riconversione del ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico».

Ma Urso ha spiegato che «la Commissione europea ha autorizzato il prestito ponte perché abbiamo dimostrato con un programma concordato con i sindacati, le associazioni datoriali e gli enti locali che nel processo di decarbonizzazione occorresse mantenere in vita gli impianti e tra questi l’altoforno 1. La sua ripartenza era necessaria. Mi sembra elementare e mi stupisco che qualcuno si stupisca di questo».

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Quaranta: «Il primo passo necessario»

Oggi, ha osservato invece il commissario di Adi Giancarlo Quaranta «non celebriamo nulla, se non lo sforzo di tornare alla normalità nello stabilimento siderurgico di Taranto. Il ripristino di Afo1 segna il primo passo necessario che porterà alla decarbonizzazione e all’implementazione dei forni elettrici grazie ad ingenti investimenti».

Il ministro Urso ha ricordato che dopo la prima fase finalizzata alla vendita sono giunte 15 manifestazioni di interesse, tre per l’acquisto dell’intero gruppo (la famiglia indiana Jindal con Vulcan Green Steel, il gruppo Stelco e la società dell’Azerbaijan Baku Steel Company), le altre per singoli asset (tra queste Marcegaglia e Sideralba). «Entro fine novembre – ha puntualizzato – coloro che vogliono acquisire gli impianti dovranno farsi avanti, dopodiché i commissari analizzeranno le proposte e, verosimilmente, entro febbraio del 2025 potranno assegnare gli asset».

Le proteste

I delegati della Fiom Cgil hanno distribuito un volantino ai cancelli dello stabilimento siderurgico di Taranto. Per il sindacato dei metalmeccanici «il governo deve prendere la decisione di entrare nel capitale dell’ex Ilva» ed «evitare la vendita spezzatino». Mentre le associazioni di ambientalisti e alcuni comitati di cittadini parlano di «bomba inquinante».

Urso ha replicato rammentando che «l’esperienza di AdI di questi 5 anni non è proprio edificante perché il governo di allora volle la partecipazione di Invitalia con una quota piuttosto significativa del 38% e i risultati sono quelli noti a tutti. Il fatto che lo Stato partecipi non è garanzia di successo, anzi. Ma noi vigileremo su tutto». Comunque, ha assicurato il ministro, «attraverso il golden power che sarà esercitato dal mio dicastero blinderemo il processo di vendita dell’ex Ilva sia sul piano degli investimenti, sia sui livelli produttivi e occupazionali sia su quelli della salute e dell’ambiente. La politica di questo governo è quella di indicare la strada e garantire i cittadini e i lavoratori».

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