Il dramma della 21enne napoletana che ha perso alcune dita e i tessuti degli arti inferiori
«Sono stati i momenti più brutti della mia vita, sono arrivata all’ospedale Moscati di Aversa con febbre altissima, quasi a 40, dolori e mancamenti; avevo lividi sui gomiti sulle braccia ciò nonostante gli infermieri mi dicevano di non strillare e di aspettare».
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Maria Iavarone, 21 anni, napoletana, aveva la meningite, ma al pronto soccorso di Aversa la scambiarono per vasculite e aspettarono quasi cinque ore per le analisi del sangue. Ciò comportò la necrosi degli arti con conseguente amputazione di due dita e dei tessuti delle gambe. Sopravvissuta per miracolo, Maria si è rivolta allo studio Olmo dell’avvocato Luciano Palermo per chiedere giustizia. E ha ottenuto la condanna dell’Asl di Caserta e il risarcimento per danni fisici, morali, estetici e biologici.
La notte drammatica
Ma torniamo a quella notte drammatica, a cavallo tra il 12 e il 13 febbraio del 2018. Maria venne lasciata in pronto soccorso per ore. «Solo alle due di notte, – continua – e dopo essere arrivata al Moscati di Aversa intorno alle 20, hanno detto che avevo un’infezione in atto e per tutto il tempo sono stata tenuta nel pronto soccorso a contatto con altri pazienti».
Solo dopo cinque ore, quindi, i medici normanni si rendono conto di avere di fronte una severa infezione e «consigliarono a mio padre di trasportarmi in infettivologia all’ospedale di Caserta – continua Maria -, ma dissero di portarmi in macchina senza aspettare l’ambulanza, per fare prima. Mentre eravamo in macchina, mio padre cambiò percorso e anziché portarmi a Caserta, mi portò al Cardarelli di Napoli e lì io ho incontrato quella che mi piace credere essere il mio angelo custode».
«Sentivo molto freddo, non ce la facevo a camminare. Una dottoressa mi venne incontro, spostò la coperta e mi toccò il collo. Disse a mio padre “fosse mia figlia, la porterei direttamente al Cotugno”. Quella donna aveva già capito che avevo la meningite (che comporta una severa rigidità del collo tra i sintomi, ndr) e se non ci fosse stata lei, probabilmente sarei morta».
Al Cotugno Maria entrò intorno alle due di notte del 13 febbraio 2018. Passò otto giorni in terapia intensiva tra la vita e la morte. «Mi hanno amputato il mignolo della mano sinistra il medio della mano destra, non ho più molti tessuti delle gambe. La mia vita è cambiata per sempre e io non sono e non sarò più la stessa».
Il risarcimento danni
È drammatico il racconto di Maria Iavarone che, assistita dallo studio legale Olmo dell’avvocato Luciano Palermo, ha vinto una causa civile puntata sul caso di malasanità che l’ha avuta suo malgrado per protagonista all’ospedale Moscati di Aversa. L’avvocato Palermo ha chiesto e ottenuto la condanna dell’Asl di Di Caserta e il risarcimento danni per circa 80mila euro.
«Una sentenza di cui eravamo certi – spiega l’avvocato Palermo -, il nostro team si avvale di medici di profilo universitario per studiare i casi da affrontare e la perizia dei nostri medici a ul caso di Maria Iavarone è stata tranciante ed è stata accolta in pieno dal tribunale di Napoli Nord che ha condannato l’Asl di Caserta condividendo in toto la nostra tesi». E infatti la seconda sezione civile del tribunale di Napoli Nord – presidente Dora Alessia Limongelli – ha accolto il ricorso dell’avvocato Luciano Palermo. La sentenza è passata in giudicato in questi giorni.