Daniele Rezza ammette: «Avevo bevuto un bel po’»
«Quando ho scoperto che il ragazzo era morto non è stato un granché, mi sentivo vuoto, a me dispiace, non conosco la famiglia di questo, ma ho tolto la vita a un cristiano che è figlio di qualcuno. Anche mio padre e mia madre dargli questa disgrazia…non se lo sarebbero mai aspettato». È un passaggio della confessione di Daniele Rezza, 19 anni, accusato dell’omicidio aggravato di Manuel Mastrapasqua, 31 anni, ucciso con una coltellata al petto nella notte tra giovedì 10 e venerdì 11 ottobre a Rozzano, comune alle porte di Milano.
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Il racconto agli inquirenti
«All’inizio gli volevo prendere tutto, tutte le cose, in generale. Appena l’ho visto in lontananza mi è partita la decisione di prendergli tutto, tutto quello che aveva. Mi sono avvicinato al giovane ad una distanza di circa due metri, un metro e mezzo, gli ho direttamente strappato le cuffie che aveva messe dietro la nuca, al collo. Lui allora si è avventato su di me, non è che mi ha tirato pugni, non mi ricordo le cose specifiche perché non ero molto lucido, avendo bevuto un bel po’» racconta agli investigatori.
«Ha iniziato a colpirmi, ricordo due colpi, ma non mi ricordo il modo preciso. Poi arriva l’adrenalina, mi difendo e ho preso il coltello conficcandoglielo sul petto ma l’ho tolto subito e non ho visto il sangue. Ho sentito solo un sospiro, qualcosa, e da lì sarà caduto a terra ma non ci ho fatto caso, perché sono scappato subito dopo averlo accoltellato» aggiunge il giovane commesso in un supermercato.
La scoperta della morte
«Ho dormito tranquillo senza sapere che fosse morto. Al mattino ho aperto tiktok e ho visto la notizia di un ragazzo morto a Rozzano e ho pensato che ero stato io, perché la via era quella, il punto era quello, anche se mi sembrava che il corpo fosse a qualche metro di distanza da dove l’ho accoltellato. La mattina anche mia mamma mi ha fatto vedere la notizia che un ragazzo di 31 anni era deceduto a Rozzano. Mio padre era incredulo secondo me: come ci rimani quando pensi che un figlio di 19 anni uccide una persona? Mio padre mi diceva ‘sarà stato qualcuno’ e io dicevo ‘forse sono stato io’, ma mio padre era convinto che fosse stato qualcun altro. Alla fine quella mattina (11 ottobre, ndr) gliel’ho detto che ero stato io, ma lui non ci credeva» mette a verbale.
Il saluto agli amici
Una confessione che Daniele Rezza avrebbe fatto anche ad alcuni amici. «Io volevo già andare a costituirmi la sera stessa (11 ottobre, ndr), ma i miei genitori ancora non ci credevano. Io prima di costituirmi volevo salutare i miei amici e far rassegnare i miei genitori che andavo. Sono stato con i miei amici fino all’una o le due di notte e poi sono tornato a casa».
Poi il cambio di programma: «La mattina del 12 ottobre ho deciso di scappare, non volevo più costituirmi» svela il giovane che si fa accompagnare dal padre alla stazione di Pieve Emanuele, qui in treno raggiunge Pavia, quindi in autobus Alessandria con l’idea di raggiungere Torino e quindi l’estero. Una fuga che lo stesso 19enne interrompe, confessando l’omicidio ad alcuni agenti della Polfer di Alessandria.
Il coltello e le cuffie
Anche con loro ripete la stessa versione, che poi ribadisce alla pm e quindi al giudice. «Era la prima volta che uscivo con un coltello. Quando ho visto il ragazzo volevo prendergli tutto nel senso soldi, cellulare, cose che potevo rivendere. Anche le cuffie le ho prese per rivenderle, ma non so quanto ci avrei fatto. Tutto quello che avrei avuto lo avrei venduto. Non mi sono accorto che il coltello fosse sporco di sangue, neanche io addosso. L’ho buttato perché mi è venuto d’istinto».
La prima confessione (non creduta) avviene in famiglia, al padre che «non ci credeva che avessi ucciso una persona, non riusciva ad accettarlo». Sarà lui, su richiesta del figlio, a buttare le cuffie da 14 euro che sono costate la vita a Manuel Mastrapasqua, e sempre lui – su richiesta del figlio – a riprenderle dalla spazzature in cui le aveva buttate e consegnarle ai carabinieri.
Nei confronti del 19enne c’è «un grave quadro indiziario della volontà omicida» scrive il gip Domenico Santoro nel provvedimento con cui convalida il fermo e il carcere. «Il tipo di arma usata per attingere li predetto, la sua micidialità, la posizione reciproca tra aggressore evittima (assolutamente prossima), la breve distanza dalla quale, pertanto, è stata inferta la coltellata, la parte vitale del corpo del Mastrapasqua oggetto di mira (il torace) e, conseguentemente, attinta, risultano univoca dimostrazione, allo stato degli atti, dell’intento del Rezza di uccidere, senza che spazio possa in atto aprirsi a dubbi sul reale suo intento».