L’eredità poetica e artistica del cantautore scomparso
Le connessioni a oggi simboleggiano per lo più l’idea del virtuale e il desiderio di esprimersi pare ormai rivolto ad uno schermo, grande o piccolo che sia. Espressioni passive, cariche di aspettative ma con emozioni senza alcun cenno di poesia, di tatto, di protezione o come ormai vige sovrano ma solo come termine: la «privacy».
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L’intimità è un concetto ormai quasi lontano dall’epoca in cui viviamo. C’è ancora la possibilità di percepire una carezza come tale e non solo come bisogno? Una sinergia emotiva che voglia toccare corde così profonde da poter riconoscere le espressioni proprie e di chi si ha accanto.
Sembrano ormai troppo lontani gli anni dell’amore pudico, onesto, dove le connessioni non toccavano tasti ma si utilizzava ogni tessitura delle nostre mani per stringerne un’altra, prendersi cura e offrire conforto all’amata/o, eppure qualcosa, qualcuno, ce ne dispensa ancora la sua bellezza. A farlo è l’eredità poetica, artistica di un cantautore piemontese: Gianmaria Testa. Amare delicatamente, in quel luogo, quello spazio apparentemente più piccolo ma oggettivamente e soggettivamente enorme e senza mezze misure: l’anima.
«Dentro la tasca di un qualunque mattino»
(tratta dal disco «Il walzer di un giorno»)
Dentro la tasca di un qualunque mattino
Dentro la tasca ti porterei
Col fazzoletto di cotone e profumo
Col fazzoletto ti nasconderei…
Dentro la tasca di un qualunque mattino
Dentro la tasca ti nasconderei
E con la mano, che non veda nessuno,
e con la mano ti accarezzerei
Salirà il sole del mezzogiorno
Passerà alto sopra di noi
Fino alla tasca del pomeriggio
Ti porto ancora
Se ancora mi vuoi
Salirà il sole del mezzogiorno
E passerà alto, molto sopra di noi,
fino alla tasca del pomeriggio
dall’altra tasca ti porto
se vuoi
Dentro la tasca di un qualunque mattino
Dentro la tasca ti porterei
Col fazzoletto di seta e profumo
Col fazzoletto ti coprirei
Dentro la tasca di un qualunque mattino
Dentro la tasca ti nasconderei
E con la mano, che non veda nessuno,
e con la mano ti saluterei
e con la mano, ma che non veda nessuno,
con questa mano ti saluterei.
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Gianmaria Testa e l’ascolto diversamente intimo della musica
Gianmaria Testa nasce il 17 ottobre 1958 a Cascina Madonna del Pilone nel comune di Cavallermaggiore, in provincia di Cuneo in una famiglia di agricoltori. Sin dalle scuole medie, mostra un grande appiglio allo studio, all’ascolto diversamente intimo della musica, tale da ricevere come «premio» da parte del padre una chitarra. Da qui parte la storia di Gianmaria testa.
Dopo il liceo, Testa si iscrive alla facoltà di giurisprudenza per diventare magistrato, immaginando un mondo più robusto, ma non affermandosi nell’ambito universitario, nel 2007 diventa capostazione allo scalo ferroviario principale di Cuneo poi come coordinatore del traffico ferroviario della linea.
Per Gianmaria Testa questi saranno anni importanti per conoscere la sua stilistica artistica attraverso le prime scritture e l’accompagnamento da autodidatta attraverso quel prezioso regalo senza alcun obbligo verso un pubblico non ancora presente ne cercato ma che da lì a non molto avrebbe conosciuto.
In un cammino costruito con saldi mattoni d’amore, di pazienza, tra l’essere ferroviere di giorno ed un cantautore di pregio alla sera conoscerà Paola Farinetti, sua manager e moglie da cui nasceranno tre figli. Nell’anno del 2015 rivelerà di essere malato di cancro ed il 30 marzo del 2016 morirà alla giovane età di 57 anni.
La carriera di Gianmaria Testa
Nel 1953 Gianmaria Testa spedisce una cassetta all’influente «Premio città di Recanati», oggi divenuto «Musicultura», riservato alla musica d’autore, vincendolo col brano «Manacore». Sarà questo l’input per riproporsi l’anno dopo aggiudicandosi nuovamente la vittoria col brano «Un aeroplano a vela».
La consacrazione internazionale
Da lì a poco riceverà una telefonata che gli cambierà la vita; la produttrice francese Nicole Courtois, gli farà incidere un disco, e quel disco era quella cassetta che un amico le aveva mandato da Recanati. Una serie di permessi chiesti a lavoro, consentirà a Gianmaria Testa, di incidere il suo primo disco «Montgolfieres». Questo non porterà notevoli traguardi, ma il cantautore ne inciderà ancora un altro in italiano, l’anno successivo. «Extra muros», gli concederà una buona dose di ascolti.
In occasione di un concerto radiofonico a Radio France, lo interpella il direttore dell’Olympia di Parigi, tempio della musica mondiale dove si esibirà l’11 febbraio del 1997 immerso in un tripudio di applausi e di consensi.
Parigi, Portogallo, Germania, Austria, Olanda ospiteranno gli innumerevoli concerti dell’artista che, non riesce a spiegarsi come tanta gente voglia ascoltare canzoni in una lingua differente dalla propria, restandone sempre più affascinato e lusingato.
Il sogno italiano
Il sogno italiano arriva nel 1999, attraverso il disco «Lampo», riportando l’artista a casa. Ma sarà l’album «Il valzer di un giorno» nel 2000, che consoliderà il successo vendendo 200mila copie e portando finalmente le sue canzoni in giro per l’Italia.
Nel 2003 arriva «Altre latitudini», disco dove le collaborazioni jazzistiche spaziano da Enrico Rava a Rita Marcotulli, Mario Brunello e Fausto Mesolella. Negli anni Gianmaria Testa chiederà proprio a Fausto Mesolella di scrivere un brano per lui ed il risultato sarà «lo stemma» che compatterà l’unione artistica ed umana tra i due.
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Tante le collaborazioni che presenzieranno, nei dischi, ai concerti ed in ulteriori avventure artistiche tra cui due produzioni importanti: «Rossin Testa», spettacolo surreale con Paolo Rossi e «Chisciotte e gli invincibili» da un testo inedito di Erri De Luca.
Nel 2006 «Da questa parte del mare», un concept album dedicato alle migrazioni moderne, un viaggio interiore riguardo gli italiani emigranti, vince il premio Tenco e il premio Lunezia della critica musical-letteraria.
Nel 2011 arriva «Vitamia», una raccolta di canzoni che rappresentano una sorta di bilancio personale e sociale; la trasparenza di riuscire a saper scrivere cosa pensasse, cosa ne immaginasse. «Prezioso», sarà l’ultimo album di Gianmaria Testa, un disco che prende forma attraverso appunti sonori per voce e chitarra raccolti dalla moglie con il supporto di Roberto Barillari, ingegnere del suono. Il lascito di musica, di una poetica nella sua versione minimale senza alcune sovra incisioni.
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