Omicidio di Giovanbattista Cutolo: il 17enne non fa appello, sentenza definitiva con sconto

di Virginia Iadonisi

L’assassino non sconterà i 20 anni inflitti in primo grado. Ulteriori benefici potrebbero arrivare per buona condotta

La vicenda giudiziaria legata all’omicidio di Giovanbattista Cutolo, detto Giogiò, si è chiusa definitivamente con una condanna, ma la pena inflitta al responsabile sarà sensibilmente inferiore rispetto ai 20 anni inizialmente previsti. Il giovane musicista, membro dell’orchestra “Scarlatti Young”, fu ucciso la sera del 31 agosto mentre cercava di proteggere un amico aggredito durante una lite scaturita per un motorino parcheggiato male.

Il colpevole, un ragazzo di 17 anni all’epoca dei fatti, era stato condannato a 20 anni di reclusione grazie al rito abbreviato dal giudice del Tribunale per i Minorenni, Umberto Lucarelli, lo scorso 19 marzo. Tuttavia, l’avvocato difensore del giovane, Davide Piccirillo, ha deciso di non presentare ricorso contro la sentenza. Questo ha reso la condanna definitiva, ma ha anche attivato una delle norme previste dalla riforma Cartabia, che prevede una riduzione della pena di un sesto in assenza di appello.

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Di conseguenza, la pena viene ridotta a meno di 17 anni di carcere. Inoltre, in base alla legge Gozzini, il giovane potrebbe beneficiare di ulteriori riduzioni fino a quattro anni in caso di buona condotta, portando così la pena complessiva a un livello nettamente inferiore rispetto ai 20 anni inizialmente imposti.

La rabbia di mamma Daniela

La notizia della rinuncia all’impugnazione della condanna e l’effetto domino degli sconti di pena ha lasciato di stucco Daniela Di Maggio, mamma di Giogiò. «L’ho presa – spiega al Tg1 – ovviamente male perché il pm aveva detto che avrebbe chiesto l’ergastolo se l’assassino fosse stato adulto. Il dono del perdono in questo momento non mi appartiene».

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In tutto questo periodo, la donna ha vestito i panni della mamma coraggio, è andata in giro dai rappresentanti delle istituzioni, in tv, a gridare la necessità di fare giustizia. «Neanche 40 anni – sottolinea – possono essere una pena giusta rispetto a quello che ha fatto. Perché mio figlio deve stare in un barattolo, ridotto in polvere, non considerato da nessuno e il suo carnefice tutelato dalla giustizia e riabilitato?». Daniela Di Maggio, peraltro, non è molto convinta del ravvedimento del giovane. «Glielo auguro perché auspichiamo che tutti si possano redimire ma non credo che sia possibile per quello che si è mostrato, lui e la sua famiglia», conclude con amarezza.

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