Il convento di Santa Maria la Nova e il segreto della tomba di Dracula

di Maddalena Villano

Continua il viaggio tra misteri e leggende partenopee

Il convento di Santa Maria la Nova si trova nel centro storico, nei pressi di piazza Giovanni Bovio, e fa parte del complesso monumentale. Fu costruito nel 1279, per volontà di Carlo I d’Angiò che donò il terreno, dopo aver demolito la chiesa di Santa Maria ad Platinum.

Questo edificio era sotto l’ordine dei Frati Minori e nel corso degli anni ha ospitato la congregazione del Monte de’ Musica, una scuola per poeti, calligrafi e cantori; è stato sede di studi scientifici e teologici e oltre che un’infermeria. La struttura venne chiusa nel 1811, quando i francesi arrivarono a Napoli e Gioacchino Murat decretò lo scioglimento degli ordini monastici. L’ingresso si trova sul lato sinistro della chiesa e verte su due chiostri: quello minore, appartenente al complesso monumentale, e quello maggiore, destinato agli uffici della città metropolitana.

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Il chiostro minore del convento di Santa Maria la Nova

Il chiostro minore, chiamato anche di San Giacomo, risale alla fine del XVI secolo ed è opera di Giovanni Cola di Franco. È di forma rettangolare e circondato sui quattro lati da colonne ioniche che poggiano su un muretto interrotto in quattro punti, dove un cancelletto in ferro battuto permette l’accesso alla corte centrale, nella quale è presente un puteale in marmo.

L’ambulacro è arricchito con un ciclo di affreschi su San Giacomo della Marca, attribuiti ad Andrea de Lione; nella stessa zona inoltre sono poste diverse tombe, custodite precedentemente nella chiesa prima dei lavori di ricostruzione alla fine del XVI secolo: la lapide di Pascale Diaz Garlon del 1478, il monumento sepolcrale Macedonio, il monumento sepolcrale di Costantino Castriota Scanderbeg del 1500, realizzato da Jacopo della Pila, il monumento di Gaspare Siscaro, la sepoltura di Porzia Tomacelli e il sepolcro di Matteo Ferrillo del 1499, anch’esso opera di Jacopo della Pila e ritenuto essere da alcuni studiosi la tomba di Dracula.

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Sul lato opposto dell’ingresso è posta la sagrestia e il refettorio; quest’ultimo, con volta a conchiglia realizzata nel XVI secolo, è stato diviso in due con una parte che verte nella zona del complesso monumentale ed una in quella degli uffici della provincia: nella prima zona è custodito un affresco di Andrea Sabatini o di Bramantino, «Salita al Calvario», oltre ad un pulpito scolpito con bassorilievi raffiguranti San Michele, San Francesco e crocifisso.

Nella seconda zona c’è un affresco di Francesco da Tolentino con parte centrale ritraente «Adorazione dei Magi tra i santi Francesco e Bonaventura», nella parte inferiore «Annunciazione e Natività» e nella lunetta «Incoronazione della Vergine»; sulla parete di fondo un tondo in marmo con «Madonna e Bambino» di autore sconosciuto dei primi anni del XVI secolo.

Tutte le stanze del piano superiore, che si affacciano sul chiostro minore, sono occupate dal museo d’arte religiosa contemporanea, mentre quelle che si aprono intorno al chiostro, compreso il refettorio, sono utilizzate dall’università telematica Pegaso.

Il chiostro maggiore di San Francesco

Il chiostro maggiore, detto anche di San Francesco, a cui si accede da un’entrata alla sinistra dell’ingresso del Convento di Santa Maria la Nova, si presenta a pianta quadrata e in stile toscano: ha nove arcate su ciascun lato, con colonne in marmo bianco e capitelli in granito. Fino al 1747 era decorato da un ciclo di affreschi, «Storie della vita di San Francesco» dipinto da Luigi Rodriguez, poi cancellato a causa del cattivo stato di conservazione; tra le opere d’arte, custodisce due statue, una nell’androne, «Astronomia», di Girolamo D’Auria, e «Diritto», di Francesco Cassano; in una sala, che in passato era collegata con la cucina, si conserva un medaglione raffigurante Madonna con Bambino del 16esimo secolo.

Annessa all’edificio c’era anche un’infermeria, esistente già dal 1575 e attiva fino alla fine del XIX secolo. Gli spazi sono stati in parte perduti e in parte inglobati nelle abitazioni circostanti. All’interno di questa inoltre c’era una chiesa, in origine dedicata a Sant’Erasmo, poi profanata e sconsacrata agli inizi del XVI secolo, per poi essere riconsacrata, questa volta alla Santissima Immacolata, di cui ne ospitava la congrega: questa si presentava a navata unica, con due cappelle su ogni lato; subì inoltre lavori di restauro nel 1773, ospitò la sepoltura di Giovanni Paisiello dal 1816, per poi essere abbattuta alla fine del 19esimo secolo.

Questi capolavori però, raccontano non solo storie di tempi lontani ma anche misteri e leggende legati a uno dei personaggi più oscuri e temuti di sempre.
All’interno del chiostro minore, infatti si trova il Sepolcro di Matteo Ferrillo, un monumento funebre che, secondo alcune teorie, potrebbe essere la tomba di Dracula. Questo venne realizzato da Jacopo della Pila nel 1499 per la salma di Matteo Ferrillo conte di Muro. Il sepolcro si presenta inquadrato in un arco a scomparti con rosoni. Alla base c’è la seguente iscrizione:

«AN. A CHRISTI NATALIBUS MCCCCLXXXXIX»

Nella parte centrale è presente una lapide decorata con un bassorilievo raffigurante un drago. Nella parte superiore, due mensole reggono una lastra su cui è posta la statua del defunto; tra la lapide centrale e la lastra è incisa la scritta:

«MATTHEUS FERRILLUS NOB. ET EQUESTRIS ORDINIS INSIGNIS MURI COMES
ALPHONSI II REGIS ARAG. A CUBICULO PRIMUS EIUSQ. DUM
PATERENTUR ANIMI GUBERNATOR POSTERITATI CONSULENS SACELLUM HOC VIRGINIS ASSUMPTIONI DICATU M VIVENS SIBI ET SUI F.»

Queste epigrafi sono talmente antiche che, ad oggi, non si dispone ancora di una traduzione precisa. Nella parte superiore c’è un bassorilievo tondo in marmo raffigurante la Madonna con il bambino Gesù.

La teoria dell’iconico Vlad III nel convento di Santa Maria la Nova

Moltissimi studiosi sostengono si tratti della tomba dell’iconico Vlad III di Valacchia, il principe rumeno reso celebre dal romanzo di Bram Stoker come il vampiro Dracula. La teoria si basa sulle decorazioni presenti sullo scomparto centrale, che non si sono mai viste su tombe europee, che rappresentano un drago e due sfingi contrapposte, simbolo della città Tebe, che gli egizi chiamano «Tepe» che alluderebbe al vero nome del conte, Dracula Tepes.

Secondo gli studiosi, il conte non sarebbe morto in battaglia, ma sarebbe stato fatto prigioniero dai Turchi e in seguito riscattato dalla propria figlia, Maria Balsa, nel frattempo adottata da una famiglia di Napoli, città dove si sarebbe rifugiata, per ordine del padre, per salvarsi dalla persecuzione turca. Maria Balsa avrebbe quindi portato a Napoli il padre Vlad, e, alla morte di quest’ultimo, lo avrebbe fatto tumulare nella tomba del suocero, Matteo Ferrillo.

La posizione della tomba, poi, aggiunge ulteriore fascino alla leggenda. Santa Maria la Nova era all’epoca un luogo di sepoltura per nobili e membri influenti della società napoletana e potrebbe essere stata scelta proprio per mantenere segreta l’identità del defunto. Inoltre, Napoli, all’epoca, era un crocevia culturale e commerciale di primo piano, e la presenza di famiglie nobili di origini straniere, come i discendenti di Vlad, non sarebbe stata una rarità.

I dubbi sulla tomba di Dracula

Ci sono però dubbi al riguardo in quanto non esisterebbe traccia di una figlia di Vlad, ma solo di figli maschi, mentre il soprannome «Tepes» non sarebbe riconducibile alla città di Tebe, ma alla parola turca che significherebbe «impalatore», e, pertanto, non avrebbe senso il richiamo a tale epiteto infamante fatto incidere dalla figlia sulla tomba del padre. Inoltre, il drago rappresentato sulla lapide non richiamerebbe «Dracula», ma semplicemente lo stemma araldico della famiglia di Matteo Ferrillo.

Che sia o meno il luogo di riposo del re dei Vampiri, forse non lo scopriremo mai, ma di certo la sua leggenda continuerà a intrecciarsi con le mura secolari del Convento di Santa Maria la Nova, mescolandosi alle storie e ai segreti custoditi dalla città di Napoli.

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