Il braccio di ferro per l’Hotel de Londres a Napoli: torni alla sua originale vocazione

Il Tar della Campania potrebbe essere spostato al centro direzionale

«L’hotel de Londres deve tornare a essere una struttura ricettiva di lusso; è assurdo che, in pieno boom turistico, una location tanto prestigiosa, certamente tra le più suggestive in Italia tra quelle a destinazione alberghiera, venga impiegata per la gestione di procedure amministrative che potrebbero essere svolte altrove», ha dichiarato la consigliera regionale Maria Muscarà sull’annoso braccio di ferro tra il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania e le associazioni a tutela del patrimonio storico cittadino.

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Queste, insieme ad altri esponenti della politica e delle professioni, tra cui il ministro Daniela Santanchè, spingono affinché la magistratura amministrativa liberi gli spazi del prestigioso hotel a Piazza Municipio, permettendo così la sua conversione in struttura alberghiera. «I tempi sono maturi, la città – continua Muscarà – attrae milioni di turisti ogni anno, ed è inconcepibile non mettere in funzione una struttura che, ricordiamo, è il primo esempio di art nouveau della città». Dello stesso parere è Antonio Pariante, presidente del Comitato civico Portosalvo, tra i primi a scoperchiare questo vaso di Pandora.

La storia dell’hotel de Londres

Non tutti sanno che lo storico albergo di Piazza Municipio, realizzato tra il 1895 e il 1899 dalla società Veneta su progetto dell’architetto Giovanni Comencini, è il «fratello maggiore» del più noto Grand Hotel Santa Lucia di via Parthenope, realizzato sempre da Comencini agli inizi del ‘900 sullo stesso progetto dell’hotel de Londres.

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Ma torniamo ai fatti, mettendo a fuoco alcuni punti di una situazione alquanto spinosa. La questione ha inizio nei primi anni ‘80, quando, a causa dei danni generati dal terremoto che dilaniò l’Irpinia, Napoli e buona parte della Campania, il Tar fu costretto a lasciare la sede storica. Da lì, iniziò un valzer di trasferimenti che proseguì fino agli anni ‘90, quando l’allora sindaco Antonio Bassolino decise di assegnare ai giudici amministrativi alcuni ambienti dello storico albergo, acquistato dal demanio (ramo storico artistico archeologico) il 10 novembre del 1932, in danno di Giorgio Pierce e affidato in gestione al Comune di Napoli. L’offerta di Bassolino fu già allora ritenuta controversa, visto che sulla struttura pendeva un vincolo di destinazione d’uso esclusivamente ricettivo, risalente al 1936 e tutt’oggi valido.

Da allora, attraverso varie assegnazioni, il Tribunale Amministrativo è arrivato a occupare il 75% della struttura, inclusi gli spazi della storica birreria Löwenbräu, oggi ufficio ricezione ricorsi, all’interno dei quali è possibile riconoscere gli stupendi affreschi in stile Oktoberfest del pittore austriaco A. Bobion. La restante parte, come ci segnala il presidente Vincenzo Salomone, è invece occupata dal Museo Mediterraneo per il 7,5%, dalla Prefettura per il 2,5% e dal Demanio per il restante 15%. Da allora, la questione ritorna ciclicamente agli onori delle cronache per poi ricadere in un profondo letargo.

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Correva l’anno 2001 quando l’allora sindaca Rosa Russo Jervolino dichiarò di voler intraprendere tutte le azioni possibili per liberare la struttura e trasferire il tribunale amministrativo al Centro Direzionale, presso la nuova sede della cittadella giudiziaria, che già ospitava la Procura della Repubblica, la Corte d’Appello e il Tribunale di Sorveglianza.

L’allora presidente Giancarlo Coraggio, pur manifestando collaborazione sull’ipotesi di trasferimento, dichiarò che un eventuale cambio di sede sarebbe stato accettato solo a condizione che la nuova struttura fosse altrettanto dignitosa e stabile, pur ritenendo che la spesa di 8 miliardi di lire sborsati dallo Stato per l’adeguamento dell’hotel rendesse ingiustificato l’ennesimo trasferimento.

Le prospettive dell’hotel de Londres

Un discorso alquanto miope già allora, considerando che come struttura ricettiva l’hotel de Londres avrebbe permesso di recuperare quella cifra in pochi anni. Ma non solo, una struttura del genere offrirebbe oggi occupazione per quasi cento lavoratori, tra fissi e indotto, con un introito stimato per le finanze dello Stato tra i 2 e i 3 milioni di euro l’anno.

È giustificato chiedersi quale possa essere il motivo di tanta ostilità da parte dell’ente giudiziario, consapevole di occupare una struttura violando un vincolo di legge. Ma è altrettanto lecito chiedersi se le timide azioni messe in campo dal Comune in questi anni per definire la questione non siano da collegare a una forma di «sudditanza subconscia» verso un ente che detiene la gestione della giustizia amministrativa; come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato…

Setaro

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