Omaggi a Cutolo, botta e risposta tra la vedova e il sindaco di Ottaviano

di Enzo Amato

Biagio Simonetti: «Chi esalta quei tempi è lo scemo del paese». Immacolata Iacone: «Basta sciacallaggio, ci vuole rispetto»

L’omaggio alla tomba di Raffaele Cutolo, alcuni giorni fa, ha innescato la celebrazione sui social del boss di Ottaviano. Ma gli strascichi sono continuati. Un post del sindaco di Ottaviano, Biagio Simonetti, ha generato una reazione proprio da parte della vedova del defunto boss, Immacolata Iacone. Un botta e risposta in cui, alla fine, la donna chiede rispetto.

«Lo ripeto sempre, sia in situazioni pubbliche che in privato – scrive il sindaco – e lo ribadisco anche adesso: chi ancora prova nostalgia per quei tempi è, senza mezzi termini, lo scemo del paese. Sì, lo scemo del paese. Ottaviano è impegnata in un processo di riqualificazione culturale della città e dell’intero territorio, e non possiamo permetterci di perdere tempo appresso allo scemo del paese». Parole perentorie che demarcano una posizione netta del primo cittadino di Ottaviano.

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Immacolata Iacone replica: «Come famiglia desideriamo che Raffaele Cutolo sia lasciato riposare in pace da tutti. La storia non si cambia, le responsabilità non si negano, la sofferenza non si dimentica. Vorremmo solo che questo sciacallaggio mediatico terminasse presto da parte di tutti».

Il messaggio ai giovani

Poi la Iacone aggiunge: «Non mettiamo cose vecchie per pubblicizzarvi, ormai mio marito è morto lasciatelo in pace. Pensate che ci sono tanti giovani da seguire e di far allontanare tante droghe. Con Cutolo si è chiuso un capitolo – conclude – lei non ha diritto di chiamare scemo nessuno, portate rispetto anche a persone che non hanno potuto studiare». Simonetti replica: «Quanto ho scritto è chiaro e comprensibile a tutti. Per fortuna viviamo oggi in un Comune libero».

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La risposta della Iacone non tarda ad arrivare: «Caro sindaco, io ho solo detto che bisogna tenere lontano i giovani dalla droga che pure gira a Ottaviano. Vi chiedo di non offendere nessuno ma di cercare di parlare con questi ragazzi, per far loro capire che la criminalità non paga, ma se li offendiamo, se li mettiamo da parte che fine faranno? Mio marito con tutti suoi errori e il suo bagaglio di sofferenza mi diceva che bisognava parlare ai giovani per tenerli lontani dalla cattiva strada».

«È proprio questo il messaggio da lanciare ai giovani – conclude Simonetti – Quello di non sbagliare. Chi esalta chi ha commesso errori non ho altro termine da usare se non chiamarlo scemo del paese».

La questione era nata alcuni giorni fa dopo una foto postata da un uomo accanto alla tomba del boss. Sotto il post numerosi commenti: «Santo subito»; «Uomo d’onore»; «Grande uomo»; «I suoi valori li ha portati fino alla morte».

Un caso sollevato anche dal deputato Francesco Emilio Borrelli: «Basti solo pensare come alla parola ‘onore’ sia stata trasfigurata. Normalmente la si utilizza per indicare una persona dagli alti valori morali ma nella cultura camorrista, mafiosa in generale, per valori si intendono quelli legati al concetto di omertà».

«Inneggiare a boss, criminali e alle organizzazioni mafiose in toto non è lesivo solo per l’immagine della società ma soprattutto per il concetto di legalità e perché contribuisce a quell’eredità di disvalori, che vengono trasmessi di generazione in generazione, i quali modificano, come da decenni e decenni hanno modificato, stravolgendoli del tutto, gli usi e costumi delle popolazioni dei territori storicamente tenuti sotto controllo dalle mafie. Anche se non si diventa camorristi, mafiosi, ‘ndranghetisti, né magari si ha neanche simpatia per certe figure, è comunque molto probabile, lì dove manca la cultura e l’attenzione dello Stato, che ci sia attenga a quei disvalori tipici delle culture mafiose che poi portano a vivere in maniera errata e nociva per la società».

Il deputato si è di recente battuto per una proposta di legge presentata con l’introduzione del reato di apologia mafiosa.

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