Più che largo, è un campo rotto: il Pd e il M5S ai ferri corti

Dalla Rai alla Liguria: tanti i punti di scontro

Un rapporto bipolare. Periodi di fragili intese che si alternano a momenti di grande tensione. Ecco, in queste ore la tensione è al livello più alto da quando ha cominciato a circolare l’ipotesi di campo largo. Pd e M5s sono ai ferri corti. Lo testimonia la foto di gruppo davanti alla Cassazione, per il deposito delle firme contro l’Autonomia: un milione e 300 mila. Lo scatto ha immortalato tutto il fronte del centrosinistra, ma Elly Schlein e Giuseppe Conte sono rimasti a debita distanza l’una dall’altro, dopo aver scientemente evitato di stringersi la mano, di salutarsi e perfino di incrociarsi. Poco dopo, alla Camera, c’è stata la spaccatura sul voto per il rinnovo del cda della Rai.

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E un nuovo momento di scontro potrebbe esserci, col deposito delle liste per le regionali in Liguria: il campo largo sembrava scontato, ma la presenza di renziani in alcune liste civiche a sostegno della candidatura dell’ex ministro Pd Andrea Orlando ha messo sul chi va là il M5s. «La nostra posizione è chiara da tempo – è la linea del Movimento – mai con Iv, non ci aspettiamo che vengano cambiate le carte in tavola all’ultima ora». La riapertura della pratica ligure ha colto di sorpresa il Pd.

Intanto perché il lavoro sull’alleanza va avanti da tempo, anche con la costruzione di liste centriste che, pur senza simboli di partito, dovrebbero dar spazio a esponenti sia di Azione sia di Iv. E poi perché non si tratterebbe di una situazione inedita: nelle chiacchiere di Transatlantico, fra i dem c’è chi ha ricordato come il M5s governi già con Renzi a Napoli e a Perugia e come le due forze convivano nelle coalizioni schierate per le regionali in Emilia Romagna e in Umbria. E infatti è trapelato un cauto ottimismo: «Si sta risolvendo tutto con la definizione delle liste», hanno fatto sapere ambienti Pd vicini al dossier Liguria.

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Il M5s è sul piede di guerra

Il maldipancia è legato a quella che i Cinque stelle considerano una pericolosa sintonia fra il Pd e Italia viva: le due forze hanno tenuto la stessa posizione in Aula sulla Rai (non hanno partecipato al voto) e sul referendum sulla cittadinanza (che Conte non ha firmato). Non solo il M5s, anche Avs ha sempre detto «No» a Italia viva. Insomma, ora come ora il campo largo è in subbuglio. Le divisioni sono esplose in Parlamento.

Prima in maniera plateale sulla Rai, con una lunga coda di accuse reciproche, e poi in maniera più polemica su un altro provvedimento in discussione alla Camera: il collegato al Lavoro. Quando il M5s ha abbandonato l’Aula perché sono stati giudicati inammissibili 53 emendamenti delle opposizioni, qualche parlamentare di Iv e Pd ha commentato velenoso: «Ora escono, ma quando c’è stato da spartirsi le poltrone non lo hanno fatto».

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Dura la replica del M5s: «Dichiarazioni che lasciano basiti – ha detto il vicecapogruppo alla Camera Agostino Santillo – Abbiamo abbandonato l’Aula per l’inammissibilità dell’emendamento sul salario minimo. Avrebbero dovuto farlo anche i Dem. Il Pd spacca anche il fronte sul salario minimo». Perché, almeno sul salario minimo, finora c’è stata sintonia. E dunque la foto di gruppo davanti alla Cassazione è già sbiadita.

Anche se mostra il campo largo al gran completo: Conte e Schlein, i leader di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, Maria Elena Boschi per Italia viva, il segretario di Più Europa Riccardo Magi… E anche se Schlein ha provato a puntare sul collante: «Dobbiamo continuare a mobilitarci». Ma, una volta spenti i sorrisi di circostanza, sono iniziate le rivendicazioni e le accuse sul voto per la Rai.

Tanto che Bonelli ha sentenziato: «Il campo largo non esiste. Perché se esistesse avremmo una situazione differente. È un lavoro che dobbiamo fare con molta pazienza, ci riusciremo». Una foto analoga a quella davanti alla Cassazione venne scattata a inizio luglio, quando venne depositato il quesito. Stessi protagonisti. Ma i sorrisi sembravano più spontanei. E Conte era proprio accanto a Schlein.

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