Con l’arrivo del giustizialismo demo-grillino, per la magistratura, la politica sembra essere diventata un nemico peggiore della criminalità
Lo sbarco grillin-giustizialista, del 2009, ha mandato a casa un po’ di classe politica della prima repubblica che – già stressata e ridotta allo sbando dalle manette facili di «tangentopoli» – è finita in frantumi. Su quelle macerie sono piombati Grillo e i suoi «figli» a 5stelle, prendendone il posto e alleandosi con i sopravvissuti. Altro che «vaffa…», slogan prima maniera: «onestà», «trasparenza», «mai con i vecchi partiti» e buttato dalla finestra solo tra reddito di cittadinanza e bonus 110%, finora, ben 157,2 miliardi di euro. Ma i conti del secondo non sono ancora chiusi.
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Purtroppo, dopo tangentopoli e la loro entrata in campo, per i giudici, la politica sembra essere diventata un nemico, da temere quanto la mafia. Il che, ha contribuito a far diminuire la fiducia degli italiani nella politica, facendo crescere il numero degli astensionisti. Ma anche la magistratura e i giudici hanno perso e non poco della propria credibilità. E, per altro, da quando a settembre 2022 il centrodestra ha vinto le politiche e a palazzo Chigi è arrivata la leader di FdI Meloni, una buona fetta delle toghe sembra più impegnata a combattere il governo e le misure assunte in materia di immigrazioni clandestine, piuttosto che la criminalità.
Si pensi, per esempio, alle tante disapplicazioni del decreto Cutro per il contrasto all’immigrazione irregolare, che sono seguite a quella della giudice Apostolico che, dopo aver protestato, contro Salvini, nel corso di una manifestazione pubblica nel 2018, nel 2023 ha scarcerato 4 migranti arrivati con l’Open Arms e, ciliegina sulla torta: la richiesta di condanna a 6 anni di carcere per Salvini chiesti sabato scorso dalla Procura di Palermo per lo stesso caso, cui va aggiunto il milione di risarcimento danni, chiesto da quei galantuomini degli scafisti. Il che lascia un attimino perplessi.
Il prestigio internazionale
Tanto più perché, tali misure hanno fatto diminuire gli ingressi irregolari in Italia e stanno facendo acquisire sempre maggior prestigio e centralità Ue al governo italiano.
Non è un caso la scelta della von der Leyen di puntare sul ministro Fitto, quale vicepresidente esecutivo nella Commissione Ue, con tre deleghe importantissime: Coesione e Pnrr (con mille miliardi da gestire) e riforme. E sempre più nazioni europee (soprattutto di sinistra) prendono esempio dall’Italia per fermare gli sbarchi: Svezia (30mila euro a chi va via); Olanda (stretta alle domande d’asilo); Germania (stop a Schengen); Francia (ministro per difesa confini); Inghilterra (Starmer «si al modello Italia – Albania»).
Che sia la paura che altri Stati possano continuare a raccoglierne l’esempio e decidere anche loro di dire «no» al traffico di vite umane, a spingere ong e trafficanti di vite umane ad alzare la posta contro Salvini? Possibile. Per saperlo, non resta che aspettare.
Intanto l’opposizione insiste nel delegare alla magistratura, la propria voglia di vendetta per le sconfitte elettorali. Ma ciò significherebbe la fine della politica e della democrazia. Ci avranno almeno pensato? E, poi, il doppio ricatto a Toti della Procura di Genova, dopo 4 anni di intercettazioni finite nel nulla o quasi.
Prima per farlo dimettere da Presidente della Liguria; poi per costringerlo al patteggiamento (consentendo alla sinistra di «urlarne» l’inesistente colpevolezza) pur senza aver intascato – come riconosciuto dalla stessa procura – alcun euro per la sua attività politica e mai firmato alcun atto illegittimo, ma con qualche dubbio nella sostanza. Si dice «corruzione impropria» ma è solo «processo all’intenzione».
Schlein, Anm e dossier vari
La Schlein, che avrebbe preferito che Fitto anziché essere lui il vice presidente esecutivo Ue, con tre deleghe di rilievo (come il Pd Gentiloni nella passata legislatura) ne avesse ricevuta una soltanto ma sotto tutela «altrui», attacca la Rai che ha consentito a Salvini di difendersi per la richiesta di condanna, mentre il leader Anm, Santalucia è andato in tivvù a commentare il processo in corso.
E della collezione di dossier su centinaia di personaggi e di politici, soprattutto del centrodestra, frutto di migliaia di accessi illegali e conservati dal luogotenente delle Fiamme Gialle, Striano e dal pm Laudati nella sede della Dna, occorre parlarne? Meglio lo faccia il procuratore di Perugia Cantone, cui è affidato il caso.
L’intervento del presidente Mattarella
E, magari, Mattarella – che recentemente ha ricordato come «l’ambiguità dell’armistizio spalancò le porte alle truppe naziste» – come Capo dello Stato e numero uno del Csm, potrebbe richiedere ai protagonisti di cui sopra un po’ di misura, ricordando ai magistrati che un giudice oltre che esserlo, deve anche apparire «super partes», per non rischiare che il suo silenzio su tali atteggiamenti, possa far pensare all’Italia come un Paese a democrazia limitata.