Governo, Meloni: la crescita dell’1% è a portata di mano

La premier: cambieremo il Green deal, fortemente ideologico

La mano tesa agli industriali. Per lavorare insieme e far sì che l’Italia possa «ancora stupire». La previsione di una crescita dell’1% «alla portata», e la promessa di dare battaglia, in Europa, per cambiare un green deal «ideologico» e che rischia di fare «disastri». E l’assenso, più che convinto, sulla necessità di combattere chi si «nasconde dietro la burocrazia» per non prendersi «le sue responsabilità». Supera con diversi applausi la sua «prima volta» a Confindustria Giorgia Meloni, dopo che già si era registrata, sottolineano dalla maggioranza, una certa sintonia con il mondo industriale a Cernobbio.

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«Abbiamo dato chiaro il messaggio che lo Stato non avrebbe disturbato chi voleva fare», ribadisce uno dei leitmotiv già dalla campagna elettorale del 2022 la presidente del Consiglio, elencando i risultati ottenuti in due anni di governo e sottolineando che «abbiamo anche detto dei ‘no’ quando andavano detti, perché i soldi dei cittadini non si gettano dalla finestra». Rivendica anche la bontà delle riforme, la premier, dalla giustizia, per «liberare i giudici dal giogo delle correnti», al premierato, all’autonomia, che non «divide» il Paese tra Nord e Sud ma tra «amministratori responsabili e quelli che non lo sono stati».

«Vediamoci subito» dice a Confindustria la premier, che nel suo lungo discorso – quasi 50 minuti, più dello stesso Emanuele Orsini, anche lui alla sua prima assemblea da capo degli industriali – per affrontare le «sfide» più urgenti, a partire dalla «produttività del lavoro». Anche se il primo banco di prova di questa ritrovata affinità sarà la prossima legge di Bilancio. Le risorse sono poche, mette le mani avanti Meloni e si dovrà continuare sulla strada del «buonsenso e della serietà». Ma il sostegno alle imprese «che assumono» è in cima alla lista così come quello alle famiglie con figli, «non per scelta etica ma per necessità economica».

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Le priorità

Poche priorità, in cui la premier include anche «la salute dei cittadini», che saranno illustrate almeno nelle linee generali già la prossima settimana in un primo incontro con le parti sociali sul Piano strutturale di bilancio. Meloni non ci sarà, di rientro da New York per dopo l’intervento all’Assemblea generale dell’Onu, ma lascerà al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e al sottosegretario Alfredo Mantovano il compito di presentare il Psb.

Con sindacati e imprese c’è peraltro già un appuntamento anche per affrontare il dossier dei flussi di migranti regolari, oltre al lavoro iniziato sull’idea di un piano straordinario di edilizia per i neoassunti. Ma la premier si dice pronta al «confronto» anche sulla burocrazia. «In questi due anni mi sono sentita spesso come un imprenditore che, immagino, si trova un sacco di gente che non vuole aiutare a risolvere i problemi», sottolinea Meloni, dopo aver fatto un altro parallelo con le imprese che hanno mostrato grande capacità di reazione davanti alle crisi mentre invece spesso sono state «sottovalutate». «E lo dico – sorride – da chi è abituato a essere sottovalutato».

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Troppa burocrazia

Prima di prendere la parola, la premier applaude con forza il passaggio del discorso di Orsini sugli «ostacoli» della burocrazia, poi assicura che agirà «con determinazione» sul punto, così come conferma il suo impegno a «correggere» le scelte «ideologiche» del green deal che porterebbero alla «debacle». Per la transizione intanto servono «finanziamenti», ripete Meloni, citando anche il report di Mario Draghi, che poi incontrerà.

E, perseguendo il mantra della «neutralità tecnologica», vanno considerati «tutti i tipi di energia», compreso «il nucleare», anche questo concetto espresso da Orsini. Nel «deserto non c’è niente di verde e quindi noi non possiamo, rincorrendo il verde, rischiare di lasciare un deserto», sintetizza Meloni che anche davanti agli industriali rivendica intanto la vicepresidenza esecutiva della commissione europea per Raffaele Fitto. Un risultato «che ci deve inorgoglire tutti» e che «tutti» dovrebbero sostenere perché Fitto sarà «il commissario italiano, non del governo».

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