Il mondo del Calcio in lutto, è morto Totò Schillaci

di Fabio Maresca

Il simbolo delle notti magiche italiane si è spento a 59 anni

Sbucò come un lampo dalle notti magiche e fu subito Totò, ragazzo di Sicilia trasfigurato negli occhi e nelle giocate in un eroe nazionale. Il calcio italiano dice addio a Salvatore Schillaci, a cui nel 1990 affidò repentinamente il suo sogno mondiale: si è spento a 59 anni, dopo aver combattuto il cancro, che nelle ultime settimane aveva aggravato le sue condizioni. Veniva dalla Serie B, ma, toccato dalla grazia del pallone, giocò e segnò come un fuoriclasse: sei le sue reti in quel torneo. All’Italia non bastarono per vincere il titolo, ma furono sufficienti per far diventare quell’attaccante dalle movenze da videogioco un idolo: con i suoi occhi spiritati e le braccia alzate al cielo rappresentò il sogno di quelle notti di mezza estate.

La Nazionale guidata da Vicini arrivò terza, tra molti dubbi e polemiche, eliminata a Napoli in semifinale dall’Argentina di Maradona. Schillaci, però, si aggiudicò i titoli di capocannoniere e miglior giocatore della competizione. Se i rimpianti segnano il calcio italiano per quell’avventura mal condotta su molti fronti, lui ne fu esente a tutto tondo: «Da piccolo sognavo di fare il calciatore e, insieme a questo, ho realizzato tutti i miei desideri: per esempio, giocare nella Juve. Mi sarei accontentato di poco, invece il calcio mi ha dato tutto: fama, vittorie, denaro», aveva raccontato qualche tempo fa in un’intervista.

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Dall’Amat al declino

Nato a Palermo il primo dicembre 1964, dopo aver mancato il passaggio alla squadra della sua città per pochi milioni di lire, Schillaci, che giocava nell’AMAT, fu acquistato dal Messina nel 1982, quando doveva ancora compiere 18 anni. Dopo aver segnato 11 gol complessivi nelle sue prime 3 stagioni, ne realizzò altrettanti nella quarta, contribuendo in maniera decisiva alla promozione dei siciliani in Serie B. Nella categoria cadetta, guidato da Franco Scoglio, giocò per altre tre stagioni, segnando 13 gol nel 1987-1988 e addirittura 23 nel 1988-1989, quando fu capocannoniere con Zdenek Zeman in panchina. Fu quella stagione a lanciarlo nel calcio che conta, verso la Juventus, che lo acquistò per 6 miliardi di lire.

Già dalla prima stagione divenne titolare, realizzando 15 gol in 30 partite di campionato. Contribuì in maniera decisiva alla vittoria del club bianconero in Coppa Italia e in Coppa Uefa. Queste ottime prestazioni convinsero il ct Azeglio Vicini a convocarlo per il Mondiale del 1990. Schillaci iniziò dalla panchina, come riserva di Carnevale. Nella seconda metà del secondo tempo dell’incontro di apertura contro l’Austria, il match era ancora 0-0. Totò entrò in campo e dopo quattro minuti segnò di testa il gol che permise agli azzurri di vincere la partita. Inevitabilmente, Schillaci divenne titolare dell’attacco italiano con Roberto Baggio e segnò in tutte le successive gare giocate dagli azzurri. Insomma, divenne il simbolo di Italia ‘90.

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L’avventura giapponese

Ma nelle stagioni successive la sua stella si eclissò. Cominciò a segnare sempre meno, tormentato anche dalla separazione dalla prima moglie Rita Bonaccorso, resa pubblica dai giornali scandalistici: in una partita contro il Bologna, minacciò il giocatore avversario Fabio Poli dicendogli: «Ti faccio sparare».

Alla fine della stagione 1991-1992, con l’arrivo di Gianluca Vialli in bianconero, Schillaci, trovando sempre meno spazio, lasciò il club torinese. Passò quindi all’Inter per 8,5 miliardi di lire, segnando in due stagioni 11 gol in 30 partite e partecipando al vittorioso cammino nella Coppa Uefa dei nerazzurri. Trasferitosi in Giappone, allo Júbilo Iwata, divenne il primo calciatore italiano a militare nel campionato nipponico. Nel 1997 vinse con la sua squadra la J. League, ma subì anche un grave infortunio che lo allontanò definitivamente dai campi di gioco, fino al ritiro ufficializzato nel 1999.

La seconda vita

Appesi gli scarpini al chiodo, Schillaci tornò a Palermo dove, nel 2001, si candidò come consigliere comunale con Forza Italia. Eletto, si dimise dopo un paio d’anni. Nel 2004 partecipò al reality «L’isola dei famosi» e nel 2008 prese parte al film «Amori bugie e calcetto» insieme ad altri ex calciatori. Nel 2011 interpretò il ruolo di un boss mafioso in una puntata di «Squadra antimafia – Palermo oggi». L’anno successivo fece un cameo in un episodio della serie «Benvenuti a tavola – Nord vs Sud». Con Andrea Mercurio, nel 2016, pubblicò l’autobiografia «Il gol è tutto».

Nel 2019 si improvvisò rapper e partecipò al singolo «Gli anni degli anni» dei 78 Bit. Nel 2021 prese parte come concorrente al programma televisivo «Back to School» e, nel 2023, in coppia con la moglie Barbara, arrivò in semifinale nel reality «Pechino Express»: scampoli di popolarità per uno che, in un’altra semifinale, nel 1990, era stato capace di far sognare più di 27 milioni di telespettatori.

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