Il Mef sbugiarda la sinistra: tagli all’assegno unico è solo fantasia

Il governo continua a lavorare alla preparazione del piano strutturale di bilancio

Lo scontro tra maggioranza e opposizioni si accende sulle ipotesi di modifiche all’assegno unico in favore dei nuclei familiari più numerosi. Nel frattempo il governo continua a lavorare alla preparazione del piano strutturale di bilancio – atteso in Cdm per metà settembre e in Ue entro il 20 del mese – propedeutico alla stesura della prossima manovra.

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Il Mef definisce «fantasiosa e senza alcun fondamento» l’ipotesi di tagli agli assegni per i figli in vista della prossima manovra. Le opposizioni però incalzano. Oggi alcuni quotidiani avanzano l’ipotesi che l’esecutivo in sede di legge di bilancio possa procedere ad una rimodulazione della misura, anche per evitare che parte delle risorse resti inutilizzata.

Secondo i dati Inps l’assegno unico viene versato ad oltre 6 milioni di famiglie per un totale di 9,7 milioni di figli. A luglio scorso però l’Italia è stata deferita alla Corte Ue per i requisiti legati alla residenza in Italia, che nella modulazione degli importi renderebbero lo strumento – introdotto a marzo 2022 – di fatto non ancora universale. Secondo alcune ricostruzioni si starebbe studiando, tra le varie misure, l’esclusione dall’Isee del contributo universale per i nuclei numerosi e il rinnovo del bonus mamme, per rendere più generoso l’importo in base al numero di figli.

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«La Ue chiede di cancellare il requisito della residenza in Italia (di due anni) per i percettori dell’assegno non lavoratori, e anche quello della durata del rapporto di lavoro (di almeno 6 mesi), e di riconoscere l’assegno anche a chi ha figli residenti all’estero», ricorda la ministra della Famiglia Eugenia Roccella.

Replicano le opposizioni

Il Pd con la deputata Cecilia Guerra: «Il governo sembra interessato a parcellizzare nuovamente la misura in tanti piccoli rivoli, un bonus di qua, una detrazione di là, fuori da qualsiasi logica». Mentre il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli incalza: «Il governo Meloni è pronto a smontare l’assegno unico per i figli e procedere a riformare in toto l’assegno unico secondo i desiderata dei sovranisti».

Per ora a tenere banco sono soprattutto le simulazioni elaborate dai tecnici. Il nodo centrale restano le risorse a disposizione. Se ne parlerà anche domani nel corso del vertice tra la premier Giorgia Meloni, i due vice premier Antonio Tajani e Matteo Salvini ed i leader della maggioranza. Il sentiero è stretto, vista la necessità di alleggerire il macigno del debito pubblico – che sta per raggiungere la cifra simbolo di 3mila miliardi – e l’impegno preso con Bruxelles a ridurre il deficit eccessivo, per cui la Ue a giugno scorso ha aperto una procedura di infrazione. Si stimano possibili tagli per circa lo 0,5-0,6% annuo di Pil per rientrare nel medio termine di circa 10-12 miliardi di euro.

La maggioranza ha tracciato la priorità per la manovra, che potrebbe attestarsi poco sopra i 25 miliardi di euro: la conferma del taglio del cuneo fiscale e contributivo (varato a maggio 2023) per i redditi fino a 35mila euro per lasciare nelle buste paga dei lavoratori dipendenti fino a 100 euro in più al mese per contrastare l’inflazione. Tra le ipotesi allo studio ci sarebbe anche quella di provare a estenderla ai redditi fino a 50-60mila euro. Ma il tema resta sempre quello delle risorse limitate.

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Spazio di manovra limitato

L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha stimato che solo per confermare gli interventi finanziati lo scorso anno occorrono circa 18 miliardi, di cui poco meno di 11 per il taglio del cuneo e 1,9 per la detassazione degli interventi nelle Zes. Per altri interventi dunque lo spazio di manovra appare piuttosto limitato. Un aiuto potrebbe arrivare dalle maggiori entrate tributare registrate nel periodo gennaio-giugno 2024, l’ultimo bollettino del Mef certifica un aumento di 10.1 miliardi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+4,1%). Da alcuni giorni si fa strada l’ipotesi di una sforbiciata delle tax expenditure, un insieme di centinaia di esenzioni, detrazioni, crediti d’imposta, aliquote agevolate.

Nel 2016 uno studio per conto del Senato ha censito – sommando tributi erariali e tributi locali – oltre 600 misure diverse, con un impatto finanziario pari a quasi -80 miliardi di euro, ma sul 67% delle spese erariali non erano disponibili informazioni complete. L’impatto finale della revisione però, potrebbe non essere elevato, attestandosi sotto ai 500 milioni. Altre risorse potrebbero arrivare dagli effetti della revisione del concordato preventivo biennale. Anche se il precedente del 2003 – pur in un contesto diverso – non ebbe il successo sperato incassando appena 57 milioni di euro rispetto ai 3,5 miliardi stimati.

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