Nelle casse dello Stato arrivano altri 11 miliardi di euro
Ormai a tutti gli effetti oltre la metà del guado. Dopo il via libera dell’Ue strappato all’inizio di luglio, l’Italia incassa la quinta tranche delle dieci previste nel suo Pnrr. Un esborso da 11 miliardi di euro che, ha esultato la premier Giorgia Meloni, consegna al Paese il doppio primato in Europa «per numero di obiettivi raggiunti e importo complessivo» riscosso. In attesa dell’esame di Bruxelles della richiesta già avanzata della sesta rata nella lunga e serrata marcia che porta alla meta finale di 194,4 miliardi tra sovvenzioni e prestiti.
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Nel consueto oscillare tra traguardi da centrare e rendicontazione da consegnare, nei prossimi mesi il dialogo tra Palazzo Chigi e Palazzo Berlaymont vedrà aumentare di intensità – nell’impegno espresso dal ministro Raffaele Fitto – il «monitoraggio» della messa a terra del maxi-piano italiano.
Davanti alle geometrie variabili delle rate dei Ventisette concordate con la squadra di Ursula von der Leyen, per ottenere il suo quinto bonifico – al netto del pre-finanziamento – l’Italia ha raggiunto nel complesso 53 target e milestone riscuotendo alla fine 400 milioni in più della richiesta fatta a dicembre, grazie all’anticipo di due obiettivi, e a valle anche dello slittamento concordato di una misura più piccola.
Nella quinta rata i traguardi e gli obiettivi da conseguire riguardavano in particolare «14 riforme e 22 investimenti in settori strategici per la modernizzazione della nazione» come «la concorrenza, gli appalti pubblici, la giustizia, la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, l’istruzione secondaria e terziaria, le infrastrutture, la sanità, la cultura, l’università e la pubblica amministrazione, con la messa a terra degli interventi per la transizione al digitale». E, con l’incasso della tranche, l’Italia si conferma regina per finanziamenti ricevuti – pari a 113,5 miliardi di euro – corrispondenti al 58,4% delle risorse complessive.
Le polemiche del Pd
Numeri bollati tuttavia come «retorica trionfalistica del governo scollegata dalla realtà» dal senatore Antonio Misiani, responsabile economico nella segreteria nazionale del Pd, che evidenzia come «a meno di due anni alla scadenza del Piano, a fine luglio abbiamo speso solo 52 miliardi dei 194 complessivi. Il Partito democratico – per bocca del capogruppo nella commissione Affari europei della Camera, Piero De Luca – accusa la premier di fare «il gioco delle tre carte» e la incalzano invece a indicare «lo stato di attuazione del Piano» che «arriva soltanto al 37% del totale del cronoprogramma».
Il confronto con Bruxelles
Messo alle spalle il traguardo intermedio, il confronto costante con Bruxelles è destinato a proseguire intrecciandosi in autunno anche alla stesura del piano di aggiustamento dei conti pubblici. Nel monitoraggio, ha assicurato Fitto, il governo riserverà «particolare attenzione alle misure inserite nelle ultime tre rate, all’allineamento della piattaforma ReGiS, all’incremento della spesa e all’avanzamento procedurale e finanziario del Piano».
L’interlocuzione con il nuovo esecutivo di Ursula von der Leyen potrebbe poi estendersi anche a una revisione del Pnrr per garantire il 40% delle risorse al Sud. Possibili ritocchi che, stando a quanto anticipato dal ministro nei giorni scorsi, richiederebbero «elasticità» per usare «bene e al meglio» i fondi. Tutte variabili sul futuro del piano che – non ancora sopito il dibattito su una possibile proroga della scadenza fissata per giugno 2026 auspicata a più riprese dal ministro all’Economia, Giancarlo Giorgetti – si intrecciano anche alla sorte dello stesso Fitto, sempre in pole per diventare il nuovo commissario italiano a Bruxelles.