Tre pentiti svelano dieci omicidi della terza faida di Scampia

di Enrico Biasi

I retroscena della guerra tra gli Abete e gli Abbinante raccontata da Illiano, Giugliano e Marino

Sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in particolare quelle di Giovanni Illiano, Gianluca Giugliano e Giovanni Marino, a permettere agli inquirenti di scoprire mandanti e moventi di almeno 10 omicidi di camorra avvenuto nel corso della guerra esplosa tra gli Abete-Abbinante e le altre organizzazioni criminali dell’area nord. Uno scontro, quello che ha mandato in frantumi quella che un tempo era la ‘scissione’, che, dai racconti dei ‘pentiti’ è possibile dividere in due fasi.

La prima è quella che vede contrapposta l’alleanza formata dalle famiglie Abete, Abbinante, Leonardi, Marino e ‘Vanella Grassi’  all’organizzazione Amato – Pagano, quest’ultima, all’epoca, guidata dal giovanissimo Mario Riccio. Uno scontro durato pochi mesi e che si conclude con la ‘sconfitta’ degli Amato-Pagano ridotti, secondo il collaboratore Giovanni Marino, alla gestione della sola piazza di spaccio della ‘219’ di Melito. Tutte le altre attività illecite, come la raccolta delle estorsioni nei comuni di Mugnano e, appunto, Melito, passano, invece, sotto il controllo dell’alleanza vincente e, in particolare, di Arcangelo Abete.

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La pretesa di Arcangelo Abete

Tuttavia, come spiegato dai collaboratori, scopo della nuova alleanza era che «non ci sarebbero state più né cape e né code» ma, di fatto, questo non avviene perché Abete, come racconta Gianluca Giugliano, ex ‘fedelissimo’ dei Marino pretendeva di avere l’ultima parola su tutto, «anche se si doveva spostare una macchina». Un comportamento, quello di ‘Angioletto’ che, unito ai ‘problemi economici’ nati dalla gestione delle ‘Case dei Puffi’, creano malcontento nei suoi alleati, soprattutto, in Antonio Mennetta, capo della ‘Vanella Grassi’. Malcontento che si trasforma in una guerra sotterranea caratterizzata da continui cambi di fronte.

Mennetta, infatti, prima si accorda con i Marino e i Leonardi per attaccare gli Abete-Abbinante, poi, tramite il cugino Rosario Guarino, trova un abboccamento con gli Amato-Pagano dai quali inizia ad acquistare cocaina «sottobanco». Sono questi nuovi assetti a causare gli omicidi quando, in rapida successione, furono uccisi Rosario Tripicchio, Raffaele Stanchi, ucciso dalla ‘Vanella’ insieme ai Marino mentre era in compagnia del suo guardaspalle Luigi Montò, e Fortunato Scognamiglio, referente degli Abete per la zona di Melito e, per questo, eliminato dagli Amato-Pagano.

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Le famiglie di Scampia ‘rispondono’ con l’uccisione di Biagio Biancollella, figlio di ‘Ciccio ‘o Monaco’, quest’ultimo legatissimo al boss detenuto Cesare Pagano. A questa mattanza segue un breve periodo di tregua durante il quale si registra, però, il tentato omicidio di Diego Riccio, parente degli Abbinante, raggiunto da un proiettile di pistola al collo mentre si trovava all’interno del Rione Monterosa. A eseguire l’agguato due uomini della ‘Vanella’, uno dei quali Salvatore Barbato, verrà alcuni mesi dopo da un commando degli Abbinante mentre si trovava il Largo Macello a Secondigliano.

La situazione precipita

A far precipitare la situazione, però, sono l’omicidio di Ciro Abrunzo, cugino di Abete e, soprattutto, il tentato omicidio di Giovanni Esposito, cognato di Antonio Abbinante. I sicari incaricati di uccidere Esposito, infatti, non solo falliscono il colpo ma, durante la fuga sono intercettati e arrestati dalla polizia. Si tratta di due uomini dei Leonardi e questo fornisce agi Abete-Abbinante la prova che i loro ‘vecchi alleati’ li stanno attaccando.

La risposta è l’uccisione di Alfredo Leonardi, nipote del ras Antonio cui seguono, dopo alcune settimane, gli omicidi di Gaetano Marino, ras delle ‘Case Celesti’, e Gennaro Ricci, ‘capopiazza’ della ‘Vela Celeste’ per conto dei Leonardi. Anche gli Abete-Abbinante, però, devono subire delle ‘perdite’ tra cui quella di Raffaele Abete, fratello di Arcangelo, ucciso nonostante gli investigatori lo ritenessero estraneo all’organizzazione.

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