Per la premier l’Italia avrà il ruolo che le spetta in Europa indipendentemente dal voto contrario di Fdi
Un commissario economico, con una delega pesante come quella al Bilancio, abbinata alla competenza sul Pnrr. Identikit che risponde in tutto e per tutto a uno dei suoi ministri più fidati, quel Raffaele Fitto che comunque è restio a lasciare traslocare a Bruxelles perché anche i dossier che segue a Roma sono altrettanto pesanti. E cruciali. Il giorno dopo il no al bis di Ursula von der Leyen, mentre brucia su un altro tavolo la scelta della Spagna per il nuovo inviato Nato per la sponda Sud, lo schema che ha in mente Giorgia Meloni non cambia.
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L’Italia, il ragionamento che continua a ripetere in pubblico e in privato la premier, avrà il ruolo che le spetta in Europa indipendentemente dal voto contrario di Fdi. E lunedì, a dimostrazione del fatto – sottolineano i suoi – che dire dei no non compromette i rapporti comunitari, riceverà a Palazzo Chigi il nuovo presidente del Consiglio europeo, il socialista Antonio Costa che, al pari di von der Leyen, non ha avuto il sostegno italiano per la nomina. «Lei non lo ha votato, ma si sono sentiti già dal giorno dopo e ora viene a Roma», sintetizza un alto dirigente di Fdi. Già sono aperte anche le interlocuzioni per il posto da riservare a Roma nella nuova Commissione, assicurano i meloniani, che leggono come segnali positivi i ruoli che sono andati ad Ecr nel nuovo Parlamento. «Noi siamo fuori dal cordone sanitario», sottolineano.
Motivo in più che consentirebbe di non avere «timori» sulla trattativa delle prossime settimane. La riserva sul candidato, anzi sui candidati, che l’Italia proporrà a von der Leyen potrebbe peraltro non essere sciolta troppo avanti.
La quota rosa
Certo bisognerà trovare prima anche il nome di una donna, come da richiesta della neopresidente, intenzionata a rispettare la parità di genere nel nuovo esecutivo europeo. Nelle scorse settimane già erano circolate le ipotesi di Elisabetta Belloni, capo dei servizi e sherpa del G7, o di Letizia Moratti.
Ma nessuna delle due, stando ai bene informati, sarebbe davvero in corsa. Anche perché, spiegano dall’inner circle della premier, potrebbe essere una figura che ancora non è caduta sotto i riflettori, non «politica». Anche perché il «cavallo» su cui punta il governo italiano resta il ministro pugliese, con il placet già incassato, stando alle dichiarazioni pubbliche, degli alleati. «Fitto sarebbe un ottimo commissario» dice Matteo Salvini, che ha fatto sapere di avere sentito Meloni via messaggio e di essere in «totale sintonia» con la premier.
Antonio Tajani si spinge pure oltre: «Anche se non del mio partito, Fitto sarebbe il miglior commissario possibile» perché «conosce bene le dinamiche di Bruxelles». E sarebbe un errore mandare invece qualcuno di meno avvezzo, che rischierebbe di «fare per 5 anni lo stagiaire». Il leader di Fi suggerisce anche che sarebbe meglio «evitare le vicepresidenze esecutive», per garantire «equilibrio» nella Commissione. Soluzione che eviterebbe imbarazzi degli eventuali esclusi (e non è un mistero che l’Italia punti a una vicepresidenza, se von der Leyen le proporrà).
Prima dell’annuncio del nome ci potrebbe essere un passaggio in Consiglio dei ministri, per condividere la scelta all’interno del governo. Non dovrebbe comunque accadere già lunedì, quando il Cdm sarà chiamato a varare la nuova legge sulla Concorrenza, che rientra tra gli adempimenti del Pnrr. Sempre sul Piano dovrebbe arrivare anche la nuova relazione semestrale mentre venerdì sarà la volta del Piano per le Zes. Tutti impegni che stanno in capo a Fitto. Da sistemare presto, a maggior ragione se all’orizzonte ci fosse il salto da ministro a commissario.