L’esecutivo europeo non ha concesso al pubblico «un accesso sufficientemente ampio ai contratti»
Contratti, vaccini e trasparenza: la Commissione a guida Ursula von der Leyen di nuovo nella bufera per la gestione della crisi pandemica che tra 2020 e 2022 ha attraversato l’Europa. La Corte di Giustizia Ue dà ragione, in parte, ai cittadini e agli eurodeputati che hanno chiesto conto all’esecutivo europeo di non aver garantito libero accesso ai contratti stipulati con le aziende farmaceutiche durante la fase acuta della pandemia. Contratti per oltre 2,7 miliardi di euro che la Commissione ha negoziato per conto delle ventisette capitali, per evitare concorrenza e crisi di approvvigionamento.
E che sono stati pubblicati solo dopo richiesta e in versione parzialmente oscurata nei dati più sensibili, come le dosi promesse e i costi dell’accordo. L’esecutivo a guida von der Leyen non ha concesso al pubblico «un accesso sufficientemente ampio ai contratti», in particolare per quanto riguarda «le clausole di indennizzo e le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini», ha sentenziato il tribunale dell’Ue.
Una sentenza che rischia di incidere negativamente sulla votazione decisiva del Parlamento europeo sulla riconferma di von der Leyen alla guida della Commissione europea e che riaccende i riflettori sulla gestione della pandemia da parte della Commissione europea. Critiche hanno accompagnato la leader tedesca, finita nei mesi scorsi nella bufera del cosiddetto Pfizergate per il presunto scambio di messaggi – inaccessibili – con il capo della casa farmaceutica Pfizer, Albert Bourla, per l’accordo sull’acquisto di vaccini.
Bruxelles prende nota e prende tempo, riservandosi il diritto di ricorrere contro la decisione della Corte. E si giustifica dicendo di aver «dovuto trovare un difficile equilibrio tra il diritto del pubblico, compresi i deputati al Parlamento europeo, all’informazione e gli obblighi giuridici derivanti dai contratti».