Il 41enne russo risponde di maltrattamenti. La procura: l’ha lasciata morire malgrado lei chiedesse aiuto
Donna trovata morta in un dirupo, compagno fermato per maltrattamenti: l’avrebbe aggredita più volte negli anni scorsi. È arrivata una prima svolta nelle indagini sul giallo della 33enne ucraina trovata priva di vita a Barano d’Ischia. La Procura di Napoli ha disposto il fermo per maltrattamenti nei confronti del compagno 41enne di nazionalità russa, Ilia Batrakov.
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Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri della compagnia di Ischia, al termine di un lungo interrogatorio nell’ambito delle indagini sulla morte di Marta Maria Ohryzko, 33enne, era stata ritrovata morta domenica mattina dai carabinieri della stazione di Barano nella zona di via Vatoliere, in una scarpata a poca distanza dal luogo in cui vivevano i due. Ora è in corso l’interrogatorio per la convalida del fermo per il reato di maltrattamenti.
Per gli inquirenti, anche in base alla testimonianza della sorella di lei e di altre persone e ai referti dell’ospedale Rizzoli di Lacco Ameno del 2022, per motivi di gelosia ma anche etnici, essendo lui russo, l’uomo fermato ha vessato la donna poi deceduta nel dirupo, sia fisicamente, sia verbalmente, anche minacciandola con un coltello o bruciandole i vestiti. Era stato proprio lui a chiedere l’intervento dei carabinieri, ma ore dopo che la donna, a suo dire ubriaca, si era allontanata dalla loro casa imboccando la stretta stradina che porta al dirupo.
Ore nelle quali lui non ha risposto alle chiamate anche whatsapp e ai messaggi della donna che lo pregava di aiutarla. A Batrakov il pm napoletano contesta anche l’aggravante di aver agito in danno di persona con problematicità psichiatriche. La donna non lo aveva mai denunciato, anche quando a dicembre di due anni fa lui le aveva procurato bruciature sul corpo, ustioni di secondo grado per i medici del Rizzoli.
L’odio etnico per i parenti ucraini della donna: devono morire tutti
La ricostruzione delle accuse nei confronti del 41 enne è agghiacciante. Un ruolino dell’orrore. È accusato di aver ripetutamente maltrattato la donna, aggredendola e minacciandola anche di morte e con l’utilizzo di armi (un coltello), picchiandola con pugni e schiaffi, bruciandole i vestiti e facendola di proposito cadere in un fuoco acceso per provocarle bruciature, non consentendole di frequentare e vedere i suoi familiari, anche in ragione di motivi etnici legati dal fatto che la donna era ucraina e lui russo. Asfissiandola con scenate di gelosia e continue moleste e comportamenti morbosi ed ossessivi non permettendo che si curasse presso il centro di salute mentale e minacciando anche i congiunti di Marta ingiuriandoli, definendoli nei messaggi che inviava alla donna «ucraini di merda che devono morire» e lasciandola, infine, in agonia dopo una caduta nei pressi della loro abitazione.
La procura ricostruisce tutte le fasi
L’11 luglio del 2022 fu colpita a pugni in faccia con 15 giorni di prognosi; Il 19 dicembre successivo, a seguito di un litigio per questioni di gelosia, avrebbe bruciato molti degli abiti della donna, fino a farla cadere di proposito su di un fuoco appiccato nei pressi della roulotte in cui entrambi convivevano, procurandole ustioni di secondo grado al gluteo, agli arti superiore e all’addome.
Lo scorso febbraio avrebbe minacciato indirettamente la donna e direttamente la sorella Tetiana, non consentendo a Marta di uscire con la sorella per recarsi presso il centro di salute mentale e soprattutto minacciando sua sorella di morte, agitando nei suoi confronti un coltello e gridando al suo indirizzo «vai via perché questa è casa nostra altrimenti ti uccido»; il 13 luglio ha omettesso di prestare soccorso alla 33enne incapace di provvedere a se stessa, perché in stato di alterazione da assunzione di alcolici e soprattutto perché caduta in un dirupo nei pressi dei luoghi ove i due coabitano, nonostante avesse ricevuto più telefonate e messaggi disperati di auto da parte della donna, che purtroppo sarebbe stata lasciata da sola morire in una lenta agonia.
A supporto della ricostruzione delle ore in cui la donna, dopo la caduta, ha cercato invano di farsi soccorrere, gli inquirenti hanno i materiali estratti dal suo telefonino e da quello del convivente, messaggi e chiamate lungo tutta la giornata del 13 luglio scorso, mentre le chiamate ai carabinieri e al 118 da parte dell’uomo sono della mattina del giorno successivo.