Musica | Sergio Endrigo, il poeta dei bambini e dell’amore

Correva l’anno 1962 quando tracciava la storia della musica italiana

La costruzione di un amore è probabilmente il «lavoro» più complesso a cui far fede. Scegliersi ogni giorno condividendo in qualche modo, il quotidiano e ciò che ne comporta. Non v’è tempesta che non voglia passare se non con la volontà di ambo le parti e forse, proprio in quei momenti «ruvidi» bisognerebbe ricordare dove tutto ebbe inizio.

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«E l’amore bacia sempre ad occhi chiusi.. sfiora le labbra, prendendo prima che il cuore lo stomaco» … ma quando si tratta di esprimerlo a parole, entrano in atto i nostri magistrali neurotrasmettitori. La musica di per sé, ha un grande apporto terapeutico sull’essere umano proprio come fa l’amore. Se ricordassimo di pronunciare parole gentili di tanto in tanto faremmo del bene anche a noi stessi non soltanto alla persona amata.

Parole che fanno bene al cuore del tipo «Io che amo solo te, io mi fermerò e ti regalerò quel che resta della mia gioventù» sentiremmo ogni parte del nostro corpo vibrare, i nostri propriocettori si farebbero ascoltare nella maniera pià estrema.

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Beh, c’è stato chi di un madrigale d’amore o meglio pensato inizialmente come tale, ne ha fatto di storia, concependone canzoni dal linguaggio sempre fluido e che arrivassero senza troppi giri di parole non per vendita ma per accadimenti naturali che fanno parte della vita di ognuno di noi e divenute colonne sonore di tanti e tanti amori, sogni.. dediche d’altri tempi ma sempre presenti quando si parla di sentimenti.

Correva l’anno 1962, quando Sergio Endrigo tracciava la storia della musica italiana con uno dei brani più eleganti (definito tale da Ennio Morricone) della canzone d’autore italiana e pubblicato dalla RCA Victor su un 45 giri lato A, «Io che amo solo te» insieme a «Vecchia balera», con arrangiamenti di Luis Enrique Bacalov, arrangiatore argentino naturalizzato italiano; pianista, compositore, direttore d’orchestra, famoso per le sue colonne sonore cinematografiche.

Io che amo solo te, fu scritta in venti minuti per via di un innamoramento per una segretaria proprio della RCA. Un amore unico e devoto verso la persona amata, un linguaggio «libero», fedele al modus operandi dell’artista.

Io che amo solo te

C’è gente che ha avuto mille cose,
tutto il bene, tutto il male del mondo.
Io ho avuto solo te
E non ti perderò,
non ti lascerò
per cercare nuove avventure.
C’è gente che ama mille cose
E si perde per le strade del mondo.
Io che amo solo te,
io mi fermerò
e ti regalerò
quel che resta
della mia gioventù.
Io ho avuto solo te
E non ti perderò,
non ti lascerò
per cercare nuove illusioni.
C’è gente che ama mille cose
E si perde per le strade del mondo.
Io che amo solo te,
io mi fermerò
e ti regalerò
quel che resta
della mia gioventù.

Il cantautore, diceva Endrigo, dovrebbe essere il cantastorie del quotidiano, trovando un vestito giusto per le parole che si dicono , in questo caso, come d’altronde in ogni suo brano c’è la possibilità di comprendere come un uomo di tanto spessore umano, abbia carpito che la fluidità del pensare è ciò che arriva alla gente senza alcuna pretesa ma di parole che potessero vivere nelle vertebre di ogni spina dorsale, di un sentimento dedicato, delicato, crudo e da coltivare giorno dopo giorno. Una comunicazione fondamentale in ogni sua sfaccettatura.

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L’uomo, il cantautore

Nato a Pola il 15 giugno 1933, trascorre l’infanzia in Istria. Nel 1947, a causa delle cessioni territoriali avvenute in conseguenza della Seconda Guerra Mondiale, è costretto ad abbandonare la città natale insieme alla madre (il padre era morto nel 1939) e a trasferirsi come profugo prima a Brindisi e poi a Venezia, interrotti gli studi intorno al 1950, (vicende queste che anni dopo racconterà nel brano «1947) proprio a Venezia, grazie ad un amico fisarmonicista, inizia a cantare al Roxy Bar del Lido di Venezia. Tra balere, night club, nel ‘60 firma il contratto con la dischi ricordi. Compone ed incide le sue prime canzoni quali «vent’anni», la brava gente.

L’ambiente di cui fa parte è quello dei cantautori genovesi passa poi alla RCA ed ottiene il suo primo grande successo «Io che amo solo te», che lo farà conoscere anche all’estero soprattutto in Brasile. Vittorie a piu Festival di Sanremo, ha composto piu di 200 canzoni. Un’artista che ha sempre ammirato tante cose, troppe per conoscerle in una sola vita.

Collaborazioni d’impronta durati una vita. Uno su tutti, Vinicius de Moraes celebre poeta brasiliano e il magistrale album in cui partecipa anche Ungaretti, con i suoi versi. Era il 1969. La vita, l’ amico, è l’arte dell’incontro, esce più che per etichette convenzionali, per la voglia di comunicare, per l’umile bellezza dell’ arte nato dall’ incontro di eccellenze per sempre vive.

Sergio Endrigo, denominato anche come poeta dei bambini; uno dei suoi grandi capolavori: ci vuole un fiore scritto insieme a Gianni Rodari. Il periodo di fermo, purtroppo arriva negli anni ottanta, con cinque dischi che riscontreranno poco successo. Un allontanamento dalle scene fino al 2003 quando incide «Altre emozioni» brano che va ad esplicare l’interiorità dell’ artista in pieno. Un testamento umano in grado di portare alla luce la maturità, la creatività, la curiosità di un’artista senza tempo, senza fine.

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