Alleanza di Secondigliano-Mazzarella: alta tensione per gli affari a stelle e strisce

di Fabio Maresca

Gli interessi dei clan a New York e Chicago nelle dichiarazioni di un pentito

Il mondo della camorra napoletana è caratterizzato da complesse alleanze e feroci rivalità. Tra le coalizioni più potenti, l’Alleanza di Secondigliano, che include il clan Contini, spicca per la sua influenza e pervasività. Le dichiarazioni di Luigi Casella (collaboratore di giustizia ed ex esponente del clan Sarno) contenute nell’ordinanza che nelle scorse settimane contro il boss Patrizio Bosti e i suoi familiari, offrono un’intensa e dettagliata visione delle dinamiche e delle attività criminali di quest’alleanza.

Casella racconta di aver mantenuto «sporadici contatti con esponenti del clan Contini». Uno degli incontri più significativi, si apprende dal racconto del pentito, avvenne nel quartiere Sant’Erasmo nell’abitazione di Carmine Montescuro, il defunto boss, noto anche come Zì Menuzzo, ritenuto dall’Antimafia un mediatore, un moderatore da interpellare in caso di tensioni tra le organizzazioni criminali napoletane. «Le questioni erano particolarmente delicate», spiega Casella, «perché a New York e Chicago si erano aperti degli scontri tra esponenti del clan Sarno ed esponenti di Secondigliano per ciò che concerne il commercio di capi di abbigliamento in finta pelle o comunque di abiti confezionati che venivano venduti come capi firmati nonostante non valessero nulla».

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Il commercio di abbigliamento contraffatto è un’attività estremamente lucrativa. La famiglia Licciardi, parte integrante dell’Alleanza di Secondigliano, secondo il collaboratore, «è attiva in questo commercio all’estero da diversi anni» e non vedeva di buon occhio «l’inserimento dei Sarno-Misso-Mazzarella in questo affare di proporzioni notevoli». La concorrenza e la sovrapposizione degli interessi economici avevano creato forti tensioni tra i diversi clan.

I partecipanti all’incontro

Durante l’incontro descritto da Casella, erano presenti figure delle organizzazioni criminali coinvolte. Per il clan Contini, «vi era – dice – un esponente di tutto rispetto che io conosco come ‘Peppe o’ guaglione’, mentre per il clan Licciardi c’era ‘Tonino o’ biondo’, che mi risulta essere passato più direttamente con il clan Contini». La presenza di queste figure evidenzia l’importanza dell’incontro e la necessità di trovare un accordo per evitare conflitti maggiori.

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La descrizione di Casella offre anche uno spaccato della prudenza adottata durante tali incontri. «Anche loro erano accompagnati da ragazzi che io però ebbi modo di conoscere e non so se fossero armati perché nessuno fece vedere le armi. Io stesso nascosi una pistola 7,65 che avevo con me». Questo dettaglio sottolinea l’alto livello di tensione e la costante minaccia di violenza che pervade le interazioni tra i clan camorristici. Nonostante le tensioni, un punto d’incontro fu trovato.

Casella conclude dicendo: «In qualche modo fu trovato un accordo e noi in qualche modo continuammo a svolgere quel tipo di commercio». Questo dimostra la capacità dei clan di negoziare compromessi per garantire la continuità delle loro operazioni illecite, minimizzando i conflitti.

Le rivelazioni di Luigi Casella illuminano le complessità delle relazioni tra i clan camorristici e l’importanza strategica degli incontri e delle negoziazioni. Il clan Contini, parte fondamentale dell’Alleanza di Secondigliano, dimostra una notevole abilità nell’infiltrarsi nei mercati illeciti internazionali e nel gestire tensioni e rivalità con altri gruppi criminali.

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