«Fui portato davanti ai boss dell’Alleanza, Bosti cercò di aggredire mio padre»

di Enrico Biasi

Il racconto nei verbali dell’ex pentito Esposito: «Mallardo dovette calmarlo. Poi mi fu imposto il matrimonio con la figlia di Patrizio»

Prima il pentimento, poi la ritrattazione. Ora il nuovo arresto insieme ai vertici della famiglia Bosti che potrebbe essere destabilizzante per l’organizzazione criminale dei Contini. Luca Esposito è stata una delle «voci di dentro» del clan. Almeno per un periodo. E in quel lasso di tempo ha raccontato tanto. Ha fatto nomi e cognomi, ha illustrato circostanze. Quelle dichiarazioni, in diversi casi, hanno anche trovato riscontro nelle indagini. «Voglio raccontare come è nato il mio rapporto con la famiglia di mia moglie, Maria Bosti, che ho conosciuto intorno al 1997 a Ischia».

Inizia così uno dei verbali di Esposito, quello del 2 febbraio 2022: «Iniziai con lei una relazione, ma non era facile incontrarla. La sua famiglia ostacolava la nostra relazione, e in particolare fu proprio Ettore, il fratello di Maria, ad aggredirmi per strada già nel primo periodo di frequentazione». Un rapporto difficile sul quale intervennero anche le famiglie «mio padre, che faceva il magliaro, vale a dire il venditore di abbigliamento usato e rigenerato – spiegò Esposito – decise allora di portarmi per un po’ fuori Napoli con lui. A un certo punto accadde che la mamma di Maria mi disse che il padre, dal carcere, aveva dato l’autorizzazione alla nostra relazione».

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Il padre in questione era Patrizio Bosti, uno dei quadrumviri dell’alleanza di Secondigliano, insieme a Francesco Mallardo, Edoardo Contini e Vincenzo Licciardi. «Un giorno, tra il 1998 e il 1999, fui invitato ad andare nel parco dove viveva Eduardo Contini – spiegò ancora Esposito – Venni ricevuto da Patrizio Bosti, che, con fare autoritario, mi chiese cosa facesse mio padre; gli dissi che faceva il magliaro e lui affermò che non sarei mai dovuto più partire per viaggi di lavoro con mio padre. Bosti si era reso latitante già poco dopo essere uscito di prigione».

Raccontava la sua vita Luca Esposito

E, indirettamente, raccontava quella del clan. «In occasione di una festività, credo San Valentino, la mia fidanzata disse che voleva stare con me – spiegò nel verbale – Venne allora a casa dei miei genitori Antonio Aieta, detto ‘O piccirillo, che invitò me e mio padre a seguirlo. Viaggiammo a lungo e fummo condotti a Giugliano, attraversando diverse zone di campagna nella zona di Parete, anche cambiando macchina». Era una modalità da depistaggio.

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Poi Esposito scoprì il perché: «In un casolare trovammo ad attenderci Francesco Mallardo e Patrizio Bosti. Il primo dovette anche calmare il secondo, che addirittura tentò di aggredire mio padre. In sintesi, Patrizio impose la sua volontà, che era quella che io sposassi Maria». Un matrimonio imposto che, tuttavia, fu organizzato: «Ci sposammo nel 2000 e l’anno successivo nacque mio figlio; ci imposero anche di vivere vicino a loro». Un matrimonio imposto, ma un’intesa sentimentale solida quella tra i due. Tanto che Esposito dichiarò: «Non rinnego mia moglie, ma la sua famiglia».

Dai rapporti personali a quelli d’affari il passo è breve. D’altronde, nell’Alleanza si fa così: «Tra il 2002 e il 2003 Antonio Aieta impose a mio padre di aprire un negozio di supporti informatici. Fu fatto, ma durò poco. Fummo infatti convocati da Giuseppe Ammendola, detto Peppe ‘O guaglione, che era uno degli esponenti di vertice del clan di mio suocero; era lui che parlava per conto di Patrizio ed Eduardo. Ammendola ci disse che il negozio lo dovevo avere solo io, ma non anche mio padre, che quindi fu estromesso e costretto a tornare a fare il magliaro. Mi dedicai dunque al negozio e in più facevo commercio di orologi. Guadagnavo molto bene. Avevo la passione per le auto e mi ero comprato una Ferrari, grazie soltanto a quello che guadagnavo vendendo orologi».

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