Usura a Torre Annunziata, l’inchiesta partita dalla denuncia di una delle vittime

di Enrico Biasi

La deposizione alle forze dell’ordine: «Voglio essere protetto dallo Stato. Ho paura per me, mia moglie e mio figlio. Alcuni dei miei familiari mi chiamano ‘pentito’»

L’inchiesta che ha portato a cinque arresti a Torre Annunziata di persone accusate, a vario titolo, di usura, estorsione e tentata rapina, aggravati dal metodo mafioso. Le vittime vivevano tutte in uno stato di terrore. Fino a che non c’è stata una denuncia: «Tra mezzanotte e l’una si è presentato battendo alla porta con una mazza di ferro – racconta un uomo -. Mia moglie lo ha visto perché era fuori dalla palazzina con un’amica e lui ha cercato il telefono di mia moglie perché voleva prenderlo, altrimenti l’avrebbe uccisa a terra» e se non l’avesse consegnato in giornata «l’avrebbe scannata uccisa a terra sparata».

Sono frasi che l’uomo spiega agli investigatori specificando che «queste cose me le ha raccontate mia moglie mentre litigavamo, perché ho deciso di mettere nero su bianco quello che mi sta succedendo nella vita». Perché l’uomo ha deciso di denunciare, ma la moglie non l’ha presa bene: «Dicono che sono un pentito, ma io non faccio parte di un clan. Al massimo mi sono messo contro un clan perché questi fanno parte di un clan molto pericoloso. Non so se ho fatto bene oppure male ma io voglio essere protetto dallo Stato».

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L’uomo ha paura, ma chiede aiuto: «Voglio entrare in un programma di protezione non mi sono messo solo contro Ferraro e il figlio ma contro l’intero clan, ci sono anche i ragazzini. Sono venuto a piedi qui e quando sento i motorini ho molta paura. Non posso vivere più qui. Chiedo un programma di protezione per me mia moglie e mio figlio. Mia suocera mi ha detto “hai fatto questo adesso ti devi impiccare”. Mi hanno distrutto psicologicamente ma più fanno questo e più li voglio vedere in carcere. Ho paura che mi sparino, che sequestrino mio figlio».

Le vittime erano prese per la gola

Su un primo prestito da 30mila euro, marito e moglie erano costretti a pagare interessi pari al 10% al mese, ovvero 3000 euro al mese, prevedendo in caso di ritardo o mancato pagamento la cessione a favore di Ferraro dell’abitazione. La coppia ha versato le rate sugli interessi fino all’inizio del 2023 quando, a causa delle difficoltà economiche, hanno chiesto un ulteriore prestito proprio per pagare quegli interessi. In quel caso di trattava di 10mila euro. La rata era di mille euro al mese. Un vortice senza fine. In manette sono finiti Salvatore Ferraro, 59 anni, soprannominato ‘O capitano, Giuseppe Ferraro, 32 anni, Anna Bove, 56 anni, Filomena Bove, 58 anni e Andrea Gallo, 38 anni.

Setaro

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