Cercavano anche di costringere «i pentiti» a non collaborare più con la Giustizia
Nonostante fossero detenuti al 41bis affidavano incarichi direttivi ai loro uomini di fiducia, dirigendo le strategie criminali e imprenditoriali del clan Contini, componente di rango dell’Alleanza di Secondigliano, cercando anche di costringere «i pentiti» a non collaborare più con la Giustizia.
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Questa mattina il nucleo investigativo dei carabinieri di Napoli, la Squadra Mobile di Napoli, il nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli e lo S.C.I.C.O. della guardia di finanza hanno dato esecuzione ad un’ordinanza, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, che dispone la custodia cautelare in carcere nei confronti di 4 soggetti appartenenti allo stesso nucleo familiare, 2 dei quali già detenuti per altra causa, in quanto ritenuti a vario titolo gravemente indiziati di associazione mafiosa, minaccia, induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, riciclaggio e autoriciclaggio. A tre dei quattro si contesta l’associazione mafiosa.
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L’attività investigativa si è sviluppata attraverso il monitoraggio di soggetti legati all’organizzazione camorristica del clan Contini, operante nei quartieri San Carlo Arena, Vasto Arenaccia, Borgo S. Antonio Abate, inserita nella più ampia federazione criminale denominata Alleanza di Secondigliano, al fine di verificarne le attività criminali con particolare riguardo al reimpiego di capitali di provenienza illecita.
Le indagini hanno permesso di accertare che due elementi apicali del clan, nonostante la detenzione in regime di 41 bis, avrebbero continuato a svolgere un ruolo strategico nel sodalizio affidando incarichi direttivi a soggetti di propria fiducia, decidendo una totale inversione delle linee strategiche del clan (fino a quel momento impostate su una sostanziale pax mafiosa con il contrapposto cartello dei Mazzarella), promuovendo reati fine tipici sia dell’ala «criminale» che di quella «imprenditoriale», impartendo disposizioni volte ad indurre soggetti intranei e/o contigui a non collaborare con la giustizia, ovvero ad interrompere il percorso collaborativo, mantenendo rapporti con le altre consorterie criminali affiliate alla Alleanza di Secondigliano e, infine, dando indicazioni in ordine alla distribuzione delle «mesate».
Il riciclaggio
Sulla base delle risultanze investigative, allo stato condivise dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, gli altri due destinatari del provvedimento avrebbero riciclato in società intestate a soggetti prestanome, operanti nei settori della gestione di rifiuti ferrosi, della telefonia e della locazione di immobili, i proventi di truffe perpetrate mediante la rivendita di orologi di lusso a cittadini extracomunitari.
Contestualmente alle misure cautelari personali, sono state eseguite perquisizioni delegate nei confronti ulteriori 9 soggetti, in quanto possibili detentori di denaro contante o altri beni per conto degli indagati. È stato inoltre eseguito il sequestro preventivo di due immobili intestati a prestanome e di somme di denaro pari a 353.709,95 euro, quale profitto del reato di riciclaggio.