Omicidio Cerrato, la Corte d’Appello conferma: 23 anni agli imputati

Il 61enne fu ammazzato durante una lite per un parcheggio

Ucciso dopo una lite per un parcheggio: condanne confermate in appello. I giudici della quinta Sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli (presidente Ginevra Abbamondi) hanno confermato poco fa la sentenza di primo grado per i quattro uomini accusati dell’omicidio di Maurizio Cerrato, il 61enne custode del Parco Archeologico di Pompei, ucciso con una coltellata al petto tre anni fa. Dovranno scontare 23 anni ciascuno di carcere Antonio Cirillo, che sferrò materialmente la coltellata mortale, suo padre Francesco Cirillo, e ancora i fratelli Giorgio e Domenico Scaramella.

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Presenti nell’aula 318 anche la vedova Tania e la figlia Maria Adriana, testimone dell’efferato delitto consumato la sera del 19 aprile 2021 all’interno del Max Garage di via IV Novembre a Torre Annunziata, costituite parti civili con gli avvocati Giovanni Verdoliva e Antonio Marinaro e affiancate dalla Fondazione Polis (avvocato Gianmario Siani) e dal Comune oplontino, rappresentato in aula dal neo sindaco Corrado Cuccurullo.

In primo grado i quattro imputati erano stati condannati a 23 anni di carcere ciascuno per omicidio, con il riconoscimento del concorso anomalo per Giorgio Scaramella. Il collegio difensivo degli imputati era composto dagli avvocati Antonio Iorio, Antonio de Martino, Antonio Rocco Briganti e Maria Montuori. A fine udienza, l’imputato Domenico Scaramella ha mandato baci ai familiari, prima di uscire dal gabbiotto e tornare in carcere. In lacrime Maria Adriana.

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La moglie: «La Giustizia ha fatto il suo corso»

«La Giustizia ha fatto il suo corso, ho temuto che persone del genere potessero fare ancora del male. A me, purtroppo, l’hanno già fatto. Alcuni avrebbero dovuto essere in carcere e dopo essere usciti hanno continuato a fare del male» ha detto Tania Sorrentino, moglie di Cerrato, dopo la sentenza.

«Le mie sono state lacrime di gioia», ha detto invece Maria Adriana Cerrato, figlia di Maurizio e testimone della sua morte. «Eravamo preparati al peggio – ha aggiunto – il processo è stato lungo e travagliato, durante il quale sono state anche affermate circostanze false da parte della difesa. La giuria però ha analizzato nei minimi particolari gli atti che è stato anche per lei difficile».

«Ha trovato conferma la ricostruzione dei fatti della Procura anche in Appello», ha detto invece Giovanni Verdoliva, legale della moglie e della figlia di Cerrato, «come anche la versione fornita da Maria Adriana e cioé che tutti e quattro, con modalità diverse, hanno preso parte all’omicidio del padre. La verità – ha detto ancora Verdoliva – è stata accertata primo e secondo grado e questo ci dà soddisfazione».

«Siamo felici, è stata fatta giustizia per un’altra vittima innocente del nostro territorio», ha commentato l’avvocato Gianmario Siani attraverso il quale la Fondazione Polis si è costituita parte civile anche in questo processo. «La Fondazione – ha voluto sottolineare Siani – si costituisce in questi processi per stare accanto ai familiari delle vittime non solo con una difesa tecnica ma anche con una commissione disciplinare che assiste i parenti». «Siamo estremamente contenti – ha detto, infine, l’avvocato Antonio Marinaro, legale di Raffaella Cerrato – della decisione adottata stamattina: è stata fatta giustizia ed è stata riconosciuta la colpevolezza di tutti e quattro gli imputati».

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«La sentenza ha confermato in pieno le loro responsabilità ma Maurizio non ci sarà restituito» ha detto il sindaco di Torre Annunziata (Napoli), Corrado Cuccurullo, costituitosi parte civile e che è voluto essere presente alla lettura del dispositivo.

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