La scia di sangue per conquistare l’ex feudo dei Lo Russo

Agguati, bombe e morti ammazzati tra i gruppi in lotta per il controllo di Miano. Alessandro Riso ucciso per sbaglio durante una stesa

«Miano vecchia» e «Miano nuova» non indicano soltanto due diverse zone del quartiere. Nel gergo di chi conosce quei luoghi e di chi li abita, possono voler anche indicare due diverse fazioni malavitose, due gruppi che ambiscono allo stesso potere criminale e a volte entrano in contrasto. Dopo l’agguato a Salvatore Milano, si tornò a puntare l’attenzione investigativa sulla Miano vecchia e quella nuo- va, su «abbasc’ Miano» e «Ngopp Miano». Un salto indietro nel passato, fino al 2 ottobre 2020.

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Alessandro Riso, 28 anni, fu ucciso durante una stesa che per gli investigatori dell’Antimafia aveva tutti i connotati per essere considerata la risposta armata dei vecchi Lo Russo al ferimento proprio di Salvatore Milano, il boss assassinato qualche mese prima di Riso. «Hanno tentato di rapinarmi e mi hanno ferito». La raccontò più o meno così la sua disavventura il ras quando i carabinieri si recarono all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli dal quale era giunta una segnalazione relativa a una persona ferita da un colpo d’arma da fuoco.

Disse che due soggetti che viaggiavano su uno scooter di grossa cilindrata lo avvicinarono mentre l’uomo viaggiava in auto e, minacciandolo con una pistola, avrebbero tentato di rapinarlo sul territorio di Giugliano. Una versione che faceva acqua. Salvatore Milano risultava essere inserito nella mala mianese da anni, tanto che il suo nome compare in svariate ordinanze, intercettazioni e verbali di collaboratori di giustizia. Poi fu assassinato e il quadro si fece più chiaro. Riso era considerato un ‘fedelissimo’ dei cugini Gaetano e Luigi Cifrone, i ras che secondo le nuove ricostruzioni geocriminali avevano preso il controllo della zona nota come Miano Vecchia.

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A sbarrare loro il passo, nell’ipotesi investigativa, un gruppo criminale in cui sarebbero confluiti diversi ex affiliati alla cosca Lo Russo come Pasquale Angellotti, Luigi Torino e lo stesso Milano. Inizialmente i rapporti tra i due sodalizi furono buoni, data la comune origine criminale nella fila dei ‘Capitoni’.

Guerra aperta ai Cifrone

Poi però gli equilibri si ruppero: i Vecchi Lo Russo, appoggiati dalla paranza di «Abbasc Miano» riconducibile all’epoca al ras Matteo Balzano, ruppero gli indugi e dichiararono guerra aperta ai Cifrone. Il motivo – secondo alcune informative – appariva legato a malcontenti nella gestione delle attività criminali.

Di qui i contrasti, le frizioni, le armi. Fino alle stese, colpi di pistola esplosi in aria per strada. Fu durante una stesa, per fatalità più che per premeditazione, che Riso fu colpito da un proiettile al petto e morì. Accadde in via Vittorio Veneto, storico feudo dei Cifrone, la stessa strada che tornò a macchiarsi di sangue con l’omicidio di Salvatore Milano. Se la morte di Riso fu considerata accidentale, per gli investigatori non lo fu il movente: i gruppi di Miano erano pronti a darsi battaglia. Fu il ferimento di Luigi Torino nel giugno del 2019 a dare inizio allo scontro tra i cugini Gaetano e Luigi Cifrone e il sodalizio di «Abbasc Miano».

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Torino, secondo le informazioni raccolte dalle forze dell’ordine, dopo il suo ritorno a Miano si sarebbe avvicinato al gruppo allora guidato da Matteo Balzano, Gianluca D’Errico e Salvatore Scarpellini, braccio armato dei cosiddetti vecchi Lo Russo, una cupola in cui sarebbero confluiti i superstiti della cosca scampati ai blitz. Un agguato che avrebbe innescato, dopo solo pochi giorni, la violenta reazione del sodalizio con il lancio di una bomba carta seguita, dopo pochi minuti, da una ‘stesa’ nel feudo dei Cifrone, nel corso della quale furono esplosi non meno di 60 colpi. Passarono poche settimane e i killer entrarono nuovamente in azione. Quella volta l’obiettivo era Giovanni Borriello, anche lui ritenuto vicino ai ras di «Abbasc Miano». L’agguato però non andò a buon fine e la vittima riuscì a salvarsi.

La controffensiva

Il gruppo di «Abbasc Miano» corse alle armi e diversi arsenali furono allestiti all’interno dei covi usati dal sodalizio. A quel punto il gruppo di «Abbasc Miano», appoggiato dai vecchi Lo Russo scatenò una controffensiva che raggiunse il suo culmine quando fu data alle fiamme l’abitazione di Luigi Cifrone in vico Cotugno a Miano. Fu il segnale che gli equilibri erano cambiati e lo capirono anche gli stessi Cifrone che, insieme ai loro accoliti, lasciarono il territorio. A ripristinare gli equilibri, però, ci pensarono le forze dell’ordine. Un primo intervento, avvenuto in un’abitazione di vico Pace a Miano, portò i carabinieri a sequestrare 4 pistole e decine di munizioni oltre a cocaina e hashish e al materiale per il loro confezionamento in dosi. Non solo.

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Sul materiale furono ritrovate anche le impronte di alcuni affiliati. Poi le forze dell’ordine misero a segno un colpo fenomenale. In una vettura parcheggiata in via Petrone, i carabinieri della compagnia Vomero, sequestrano tre kalashnikov, un mitragliatore Mp 5, altri 3 fucili e più di 400 munizioni. Azioni che diedero involontariamente coraggio ai Cifrone che tornarono sul territorio e ripresero ad attaccare i rivali. In un agguato morì Stefano Bocchetti. Poche settimane dopo un blitz dei carabinieri azzerò il sodalizio di «Abbasc Miano». Poi sono arrivati altri morti.

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