«Caserta gate», dalle intercettazioni il sostegno elettorale del clan Belforte

di Enrico Biasi

La genesi dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari l’assessore comunale Massimiliano Marzo

L’inchiesta che ha portato ai domiciliari l’assessore ai Lavori Pubblici, Protezione Civile e Polizia Municipale di Caserta, Massimiliano Marzo, ha avuto l’effetto di un terremoto. Oltre a Marzo, destinatari del provvedimento cautelare due dirigenti comunali, Francesco Biondi (responsabile del settore Programmazione urbanistica e Lavori pubblici del Comune di Caserta) e Giovanni Natale, l’imprenditore Gioacchino Rivetti e il dipendente comunale Giuseppe Porfidia. L’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere ipotizza, a vario titolo, i reati di truffa, falso e corruzione per l’affidamento di alcuni appalti pubblici. Sotto la lente le elezioni comunali del 2021.

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L’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta ha preso il via circa un paio d’anni fa, quando la Procura decise di puntare i riflettori su lavori pubblici e appalti per lavori nelle strade e la pubblica illuminazione. Appalti che sarebbero stati «spacchettati» per consentire un’aggiudicazione sotto soglia. In questo modo si sarebbero favoriti gli imprenditori conniventi. Chi poi vinceva l’appalto, in cambio, avrebbe destinato ai funzionari pubblici – a seconda dei casi – favori, ma anche (almeno in un caso accertato) il pagamento dell’assicurazione dell’auto, o lavori edili fatti in abitazioni private. Non è tutto.

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Viene contestato anche l’utilizzo di forniture edili da impiegare per i lavori pubblici aggiudicati nell’azienda di cui l’assessore Marzo risultava essere comproprietario al 50 per cento. «Durante tutto l’arco temporale in cui gli indagati sono stati monitorati si è assistito a collusioni finalizzate a indirizzare l’esecuzione e la gestione di affidamenti di lavori in cambio di promesse o dazioni di utilità», riferiscono gli inquirenti. Poi emerge un dettaglio. Un voto? Poteva essere ottenuto con cinquanta euro. Oltre ai destinatari dei provvedimenti di custodia, ci sono altri cinque indagati. Sarebbe collegabile a questi ultimi il mercimonio elettorale evidenziato dalla procura.

Le parole intercettate

Le indagini sono partite da alcune intercettazioni di conversazioni telefoniche. Dalle parole di un uomo – storico esponente del clan Belforte – è emerso subito un concreto interessamento alla candidatura del figlio alle elezioni amministrative del Comune di Caserta del 2021 (poi culminate con l’elezione a sindaco di Carlo Marino, estraneo all’inchiesta) e il sostegno fornito alla candidatura di Emiliano Casale (attuale vicesindaco, a sua volta estraneo all’indagine). Dalle intercettazioni sarebbe emerso anche il sostegno a Massimiliano Marzo da una seconda famiglia, collegata a sua volta a un altro storico esponente del clan Belforte.

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Quando l’indagine si è allargata è emerso, scrivono gli inquirenti, un «allarmante scenario di gestione privatistica della cosa pubblica, attuata attraverso pratiche corruttive coinvolgenti non solo l’assessore, ma anche alcuni dirigenti. dell’Ufficio tecnico del Comune di Caserta con la complicità di soggetti privati». Il riferimento è a Gioacchino Rivetti, imprenditore del territorio, che avrebbe beneficiato di affidamenti diretti risultati illegittimi.

In estrema sintesi, per gli inquirenti Rivetti, a fronte di elargizioni e di promesse di utilità corrisposte a Marzo (indirettamente, con l’acquisto di materiali) a Biondi e a Porfidia avrebbe ottenuto, mediante una determina illegittima, la liquidazione monetaria di lavori già effettuati e prestazioni svolte «a chiamata» da parte dell’assessore.

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