Arrestato il gotha del clan Orlando-Polvelino
Per i due omicidi del 2015, i provvedimenti sono stati eseguiti a carico di Antonio Lubrano, Angelo Orlando, Vincenzo Polverino e Antonio Orlando, il gotha del cartello maranese degli Orlando-Polverino. Il contesto in cui i delitti sono maturati gli omicidi è quello relativo agli equilibri criminali tra i clan di Marano in quel periodo. Le indagini sui delitti, malgrado fossero di chiara matrice camorristica, furono archiviati. Poi sono arrivati i pentiti, quelli eccellenti.
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Il quadro indiziario, inizialmente costituito dalle sole dichiarazioni del collaboratore di giustizia Teodoro Giannuzzi (che fece riferimento agli omicidi nel 2017), si è arricchito del contributo reso da Giuseppe Simioli che, dopo essere stato per vent’anni il braccio destro di Giuseppe Polverino e reggente del clan dal 2011 al 2017, ha intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia.
Le dichiarazioni di Giuseppe Ruggiero
Ma fondamentali sono state anche le dichiarazioni di Giuseppe Ruggiero, detto «Geppino ceppa ‘e fungia», storico affiliato al clan Polverino e uomo di fiducia del boss Giuseppe, che è stato il reggente del clan Polverino fino al momento del suo arresto avvenuto nelle campagne di Pomezia il 14 settembre del 2016. Marano è stata, tra il 1965 e la fine degli anni ’80, lo storico feudo del clan Nuvoletta. Successivamente, dal 1989 al 2014, roccaforte del clan Polverino.
In seguito alle indagini culminate con i provvedimenti cautelari eseguiti nel 2011 e nel 2013, nei confronti di capi e affiliati di spicco, il clan Polverino è stato fortemente ridimensionato, consentendo la progressiva sopravanzata del gruppo Orlando, negli anni precedenti relegato ai margini del malaffare, proprio da Giuseppe Polverino. Gli orlando «scesero in campo» dal mese di ottobre del 2014. A loro si affiancò uno sparuto gruppo di soggetti rimasti fedeli ai Polverino. In una fase iniziale i due gruppi erano ben distinti e furono registrati momenti di grosso contrasto (come quello rilevato il 31 agosto del 2015, nel corso di un summit che si svolse nella zona dei Camaldoli). Successivamente i due gruppi si riavvicinarono fino a dare vita ad un’unica entità camorristica, a forte connotazione «orlandiana».
Nel 2015 le organizzazioni criminali di Marano si trovarono a fronteggiare il tentativo di «invasione» del territorio di Marano di Napoli, da parte della frangia scissionista di Secondigliano, capeggiata da Mario Riccio, detto «Mariano».
Il racconto dei pentiti
Giuseppe Simioli, reggente del clan Polverino dal 2012 al 2017, descrive dettagliatamente le difficoltà incontrate dall’organizzazione criminale di riferimento, in conseguenza dei numerosi arresti patiti, ed il progressivo transito dei giovani affiliati tra le fila del gruppo Orlando: «Dopo l’arresto di Giuseppe Polverino la nostra zona di interesse criminale è stata oggetto delle attenzioni criminali di Mariano Riccio, genero di Cesare Pagano che, con l’aiuto di altri come quali Salvatore Ruggiero e i suoi figli e nipoti, hanno tentato di prendersi Marano».
«Nel mese di settembre 2012 – continua il pentito – abbiamo vissuto un periodo di forte tensione a causa di questa situazione. Ho incontrato gli Orlando e i fratelli Lubrano, che mi garantirono il loro appoggio in caso di contrasti con Riccio. Ho avuto anche modo di parlare con Ruggiero, spiegandogli che il loro comportamento poteva portare solo ad una guerra. Fummo rassicurali sul punto ma, nonostante ciò, tenemmo alta la guardia in attesa di ulteriori eventi».
In questo contesto i pentiti hanno inquadrato anche l’omicidio dei due individui «maranesi» che si erano alleati con Mariano Riccio e che, in qualche modo, ne stavano agevolando l’ingresso nel territorio di loro influenza. Antonio Pastella fu giustiziato in maniera eclatante ed in pieno giorno, all’interno del centralissimo bar De Rosa. Poi toccò a Salvatore Vigna, intercettato e crivellato di colpi mentre percorreva via Padreterno a bordo della propria autovettura.
Il primo a parlare dei delitti fu Giannuzzi. A suo dire gli omicidi Pastella e Vigna aprirono la strada al ritorno degli Orlando, che se ne erano occupati; anche se affermò di non conoscere il nome degli esecutori materiali: «L’esecuzione dei due omicidi fu materialmente comunicata dagli Orlando-Lubrano. Come corrispettivo di questa cosa, fu pretesa la divisione al 50% dei proventi delle estorsioni con i Polverino».