La vittima si è autoinflitta il dolore e ha tentato anche di uccidersi
«O con me o con nessun altro»: ora è maggiorenne ma aveva appena 13 anni quando è iniziato il suo calvario. Si è autoinflitta il dolore e ha tentato anche di uccidersi ingerendo sostanze tossiche per «liberarsi» di un ragazzo imparentato con la camorra che proprio non faceva per lei. Ma lui, avvalendosi di quella pesante parentela, non ha mai mollato. L’ha pressata in maniera sempre più insistente con costosi regali arrivando a stringerle le mani intorno al collo quando ha capito che non l’avrebbe mai amato.
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Sono stati gli investigatori della Squadra Mobile di Napoli e i magistrati della IV sezione della procura partenopea a mettere fine alla sua odissea. La vittima ha subito per anni vessazioni, di ogni tipo, anche dalla famiglia dell’ex che l’hanno portata sull’orlo di un baratro. E’ stata costretta con la forza a tenersi in contatto con lui, quando è finito in carcere per una «stesa», ordinandole di videochiamarlo.
L’affiliato e i parenti
Sono alcuni dei retroscena della vicenda che ieri ha portato in carcere il giovane e i suoi stretti parenti, tra cui figura anche uno zio, Roberto Murano, detto «Palli Palli», storico affiliato al clan Contini come dimostrano le sentenze passate in giudicato, luogotenente di Nicola Rullo, per la Dda esponente di vertice e reggente nel quartiere «Vasto-Arenaccia» di Napoli.
Allo stalker, quasi 29enne, è stato notificato dalla Polizia un arresto in carcere, come anche allo zio e alla moglie di quest’ultimo. Domiciliari, invece, per altre tre donne componenti della stessa famiglia, tra zie e cugina. A tutti vengono contestati, a vario titolo, i reati di atti persecutori aggravati dal metodo mafioso.
Le minacce più pesanti, la ragazza e i suoi parenti le hanno subite proprio per mano di Murano, a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine innescato dalla denuncia del fratello della vittima, pure lui nel mirino di Murano: «il guappo sono io… Andiamo insieme in Questura, già mi sono fatto 15 anni, me ne faccio altri 30 e mi levo uno sfizio mio, perché visto che chiama sempre le guardie, lo uccido»
Dopo la scarcerazione il 29enne ha iniziato a perseguitare la giovane via Tik-Tok, spingendosi a violare i domiciliari pur di tormentarla di persona, anche a casa. Vessazioni intensificatesi dopo avere scoperto che lei aveva allacciato una relazione con un altro ragazzo. La ragazza pensava che per lei fosse finita, temeva che la camorra potesse colpirla: «sono consapevole che a me possa accadere qualcosa di brutto per essermi ribellata – disse alle forze dell’ordine – ma non voglio che accada nulla ai miei fratelli perché non potrei più vivere».
Qualche anno fa, dopo il lockdown, decise «di provare ad innamorarsi» dell’ex, riallacciando i rapporti: l’unico risultato fu che cadde in depressione, non lo amava e glielo doveva dire. E questo ha fatto scattare di nuovo le pressioni. La metodologia mafiosa adottata, spiega il giudice, si è palesata in maniera evidente quando, la notte tra il 7 e l’8 maggio scorsi, all’ennesima minaccia è seguita l’intimidazione con una scorribanda di scooter davanti alla sua abitazione. Il ragazzo, spiega il gip, «ha fatto leva sul potere criminale, suo e della sua famiglia, legata al clan Contini, per impaurire ancora la ex compagna e porla in condizione di soggezione». La modalità con la quale ha agito, sottolinea, «costituisce la tipica espressione di camorra».