Traffico illecito di rifiuti dalla Campania: 9 arresti e sequestri di società

Indagate 41 persone. Sotto sequestro 2 milioni e mezzo di euro

Nove arresti domiciliari, con un sequestro preventivo di quattro società, il sequestro preventivo del profitto pari a circa due milioni e mezzo di euro e 41 indagati (oltre a nove persone giuridiche) in diverse regioni d’Italia, per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, traffico illecito transfrontaliero di rifiuti, smaltimento illecito di rifiuti, sostituzione di persona e trasferimento fraudolento di valori.

È il bilancio dell’operazione della squadra mobile della Questura di Frosinone e il Nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare e forestale del Gruppo carabinieri forestale di Frosinone che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emesso dal Gip presso il tribunale di Roma su richiesta della competente Procura – Dda. Sono quattro le società sequestrate.

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L’incendio alla Mecoris

Tutto è nato dall’incendio alla Mecoris, talmente vasto e violento da portare nel 2019 il sindaco di Frosinone ad ordinare la chiusura delle finestre, il blocco della circolazione ed ipotizzare l’evacuazione dell’area. Gli accertamenti hanno portato ad ipotizzare che dietro all’impianto incendiato in Ciociaria agissero degli amministratori occulti che ricevevano i rifiuti da società campane.

Le indagini delle forze dell’ordine

Squadra mobile e carabinieri forestali individuano un punto di svolta nella gestione della società ciociara: lo collocano al primo gennaio del 2019 quando nella compagine societaria entrato un noto imprenditore frusinate che «ne ha sostanzialmente cambiato il core business. Attraverso diverse società di intermediazione campane, l’imprenditore era riuscito ad accettare dalla Campania ingenti quantità di rifiuti che invece dovevano essere lavorati in quella Regione».

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I rifiuti campani passavano le maglie dei controlli cambiando il loro codice identificativo (Eer): in questo modo i rifiuti urbani venivano riclassificati come speciali rendendoli smaltibili fuori regione. Il tutto con un doppio guadagno: per chi smaltiva i rifiuti (e veniva pagato per lo smaltimento), ma in realtà gli cambiava solo codice, e per chi li riceveva con il nuovo codice ‘Cer 19 12 12’ che indica rifiuti molto difficili da gestire e costosi da smaltire. E per questo veniva pagato mentre in realtà si trattava di normali rifiuti urbani.

I rifiuti urbani provenienti dalla Campania finivano (con semplici operazioni di stoccaggio, senza alcun trattamento) nell’impianto di Frosinone, al solo fine di farne perdere le tracce. Da qui venivano poi trasportati in altro impianto a Cisterna di Latina e da qui smaltiti come semplici scarti di lavorazione presso una discarica di Colleferro. Inoltre dalla lettura dei formulari che accompagnano i rifiuti è emerso che i materiali in ingresso a Frosinone non sempre erano accompagnati da analisi che ne accertassero la reale composizione. Gli inquirenti ipotizzano che siano 2.550 le tonnellate di rifiuti erroneamente classificate. Ed a capo dell’organizzazione collocano un imprenditore frusinate ed uno campano.

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