L’uomo: «Ha simulato tutto, quello è un atto volontario, non voleva un figlio maschio»
«Io voglio solo giustizia per mio figlio, chi toglie la vita deve essere punito. C’è premeditazione, c’è volontarietà, c’è capacità d’intendere e di volere. E lei ha ingannato me, suo figlio e adesso anche i consulenti». A parlare è Elio, il papà del piccolo Francesco, il bimbo soffocato e portato in mare dalla mamma la sera del 2 gennaio 2022 a Torre del Greco, in provincia di Napoli. Adalgisa Gamba, la mamma imputata per omicidio volontario e premeditato, è stata dichiarata non in grado di intendere e di volere dall’ennesima perizia, l’ultima ordinata dai giudici della Corte d’Assise di Napoli.
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Costituito parte civile con l’avvocato Luigi Ulacco, il padre del bambino chiede giustizia, al termine dell’udienza durante la quale hanno testimoniato i tre consulenti dei giudici, i professori Giuseppe Sartori, Pietro Pietrini e Stefani Ferracuti.
«Io spenderò la mia vita per dare giustizia a mio figlio – ha detto papà Elio – e ringrazio la Procura di Torre Annunziata per il grande sforzo che sta facendo. Lei (Adalgisa Gamba) non aveva mai voluto quel bambino. Voleva simulare un incidente e continuare a vivere normalmente. Ha simulato tutto, quello è un atto volontario, non voleva un figlio maschio. Aspettò che io uscissi di casa per prendere il bambino e portarlo sulla spiaggia. Non avrebbe mai portato il bimbo al parco il 2 gennaio, di sera. Lei è un mostro, non è una vittima. La vittima era solo mio figlio, a cui è stata spezzata la vita a due anni e mezzo».
I periti in aula
Oggi, nell’aula 115 del nuovo palazzo di Giustizia di Napoli, davanti ai giudici della terza Corte di assise, i tre superperiti nominati dal Tribunale hanno illustrato le conclusioni della loro relazione che indicano l’imputata «incapace di intendere e volere». Per i periti la psicosi che ha reso Adalgisa Gamba incapace di intendere e volere è iniziata in occasione della sua seconda gravidanza: «ha pensato – hanno sottolineato i tre esperti – che stava sfidando il destino, temeva che il figlio potesse essere affetto da autismo».
«La nascita del secondogenito – hanno spiegato – per Adalgisa Gamba aveva significato sfidare la sorte: riteneva che le fosse già andata bene la prima volta (con la nascita della bimba, che adesso vive con il padre e la nonna materna)». «Va ricordato – hanno detto ancora i periti del Tribunale- che il 3 gennaio, cioè il giorno dopo l’omicidio del bimbo, era in programma la visita con il pediatra che, secondo la donna, avrebbe sancito definitivamente la malattia del secondogenito (che non è mai stata accertata)».