Secondo l’accusa un complesso sistema avrebbe consentito di acquisire traffico telefonico senza pagare un euro
Era ritenuto a capo di un’associazione a delinquere composta da un gruppo napoletano e uno milanese che avrebbe messo a segno una truffa milionaria ai danni di note compagnie telefoniche: Vincenzo Di Lauro, figlio del capoclan Paolo Di Lauro è stato assolto dalla prima sezione penale (collegio B) del tribunale di Napoli dalle accuse di associazione a delinquere aggravata e riciclaggio, contestate dalla Procura di Napoli.
Tra i reati contestati a colui che per anni ha ricoperto il ruolo di reggente dell’organizzazione malavitosa fondata dal padre, figurava anche l’intestazione fittizia di una costosa Lamborghini Murcielago e l’auto riciclaggio. Il complesso sistema che – secondo gli inquirenti – era stato messo in piedi avrebbe consentito all’associazione a delinquere di acquisire traffico telefonico senza pagare un euro da rivendere poi ai clienti a prezzi estremamente vantaggiosi.
Sempre secondo gli investigatori per realizzare la truffa e riciclare, Di Lauro avrebbe utilizzato circa 400mila euro ritenuti provento delle attività di spaccio di sostanze stupefacenti. Secondo un pentito di rango, Salvatore Tamburrino, che ha consentito la cattura di suo fratello Marco Di Lauro, Vincenzo era particolarmente bravo con le tecnologie informatiche tanto da insegnare agli affiliati come usare computer, telefoni, Skype e Telegram. Oltre a Vincenzo Di Lauro in questo processo erano imputati anche altri quattro imputati. Il collegio difensivo è stato composto dagli avvocati Antonio Liguori e Antonio Abet (per Di Lauro) affiancati dai loro colleghi Vittorio Giaquinto, Domenico Antonucci, Antonio Verde e Mario Fortunato.