«Premio Strega»: Da Gramsci a Mira l’«Egemonia culturale» si trasfigura in «Supremazia dell’odio»

di Rino Nania

La scrittrice romana affronta i fatti di Acca Larentia e guadagna il suo posto al sole fra i 5 finalisti

Viviamo in un’Italia in cui la sinistra politica da Togliatti in avanti ha presuntuosamente vantato o millantato un primato egemonico culturale e chiunque si discostasse dal canone prescelto veniva additato come reprobo. In un contesto di crisi latente la sinistra avverte e vive una sorta di sgretolamento progressivo in cui mancano le idee, vanno in cortocircuito i valori e la tradotta versione politica appare in un permanente stato confusionale.

Ebbene adesso si giunge all’ultimo stadio di questa lotta senza quartiere, in cui la battaglia delle letterature contemporanee vive una specie di sollievo spirituale in cui le narrazioni diventano artificio per esorcizzare il cosiddetto «timeo danaos …» e tentare conseguentemente di falsificare gli accadimenti reali, rendendo i fatti momenti di manipolazione con cui generare rappresentazioni utili alla causa e a nascondere le verità, ammantando il tutto di contenuti propagandistici.

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L’occasione odierna dalla selezione del premio «Strega». E tra gli autori prescelti bisogna soffermarsi su Valentina Mira che ha scritto un libro dal titolo «Dalla stessa parte mi troverai», uscito per Sem. Libro che affronta arbitrariamente i fatti di Acca Larentia in cui nel 1978 a Roma furono trucidati 3 militanti della destra appartenenti del Fronte della Gioventù.

In questo caso il testo prende avvio da una fase successiva alla morte dei militanti, laddove, dopo anni dai terribili eventi e tortuose indagini, si individuò il coinvolgimento di tale Mario Scrocca, che presumibilmente faceva parte del «gruppo di fuoco» che spense brutalmente delle vite, che avevano la sola colpa di stare dalla parte sbagliata. Ciò che scrive la Mira è una versione edulcorata dell’ulteriore vittima di quel clima che Roma, e non solo, visse alla fine degli anni settanta e all’inizio degli ottanta.

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«La Storia» di Elsa Morante

Certo il testo non è – per spessore, per linguaggio e per statura dell’autrice – paragonabile a un’altra opera politica come «La Storia» di Elsa Morante. Là dove la letterata si curò e si profuse nel raccontare un altro scorcio storico con cui si distinse per aver provocato, in controtendenza, una forte discussione pubblica in cui la sinistra, sospinta da una critica proveniente sempre dalla sinistra, dovette illuminare le tante contraddizioni di un mondo che non era puro e non era moralmente integro, ma che rispecchiava ideologie senza umanità e che guardava alla letteratura come momento in cui era possibile proseguire una sorta di guerra civile in termini culturali.

Il fatto che la Morante sia stata lapidata dalla sinistra per aver evidenziato verità su una comunità intellettuale che si contorceva su sé stessa al solo fine di costruire e mantenere forte la presa egemonica su tutto ciò che avveniva nel mondo delle lettere la dice lunga su uno stato di libertà che effettivamente latitava. Anzi quello era un modo per sostenere e proteggere vita natural durante una conformistica omologazione all’insegna di insegnamenti di stampo totalitario.

Si rinfocolano le polemiche

Oggi su questa nuova pubblicazione si sta addensando un dibattito che, attraverso la letteratura, anziché spingere verso il rispetto reciproco e verso una storica riconciliazione tra comunità di contrapposte visioni, si rinfocolano le polemiche grazie a certi personaggi mediatici, come la Gruber, che servono solo ad attizzare il fuoco. Così esprimendosi la sinistra intellettuale cede il passo ad inopportune repliche in cui lo scontro tra destra e sinistra, mette tutti al cospetto di nuove occasioni perse, in cui una sorta di contro-informazione assume i lineamenti di una guerra permanente in cui la discussione pubblica diviene solo un pretesto per deliri ed impotenze e per giocare con un destino della nazione italiana facendone strame.

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