Nessuna dichiarazione depositata nel processo all’amico Nicola Schiavone
Nessun verbale depositato, bisognerà aspettare altre udienze. Oggi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere c’era un clima di grande attesa durante il processo a carico del presunto storico socio e prestanome di Francesco Schiavone «Sandokan», Nicola Schiavone, accusato di associazione camorristica. L’attesa era legata alle possibili dichiarazioni rese al pm dal famigerato capo dei Casalesi, Sandokan, che da circa un mese ha deciso di collaborare con la giustizia. Finora, nel processo in corso a Santa Maria Capua Vetere, non sono stati depositati i verbali del boss come ci si attendeva.
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Tuttavia, il 22 aprile è prevista un’altra udienza a Napoli per il secondo troncone del processo sugli appalti di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), in cui sono contestati una serie di reati, tra cui l’intestazione fittizia di beni, turbativa d’asta, corruzione e riciclaggio con l’aggravante del metodo mafioso. La difesa di Nicola Schiavone ha tentato di chiedere che il processo si svolgesse a porte chiuse, per proteggere la privacy degli imputati, ma la richiesta è stata respinta dal presidente del tribunale. Questo a causa dell’assenza di motivi eccezionali che giustificassero una simile decisione, secondo quanto stabilito dal codice di procedura penale.
La collaborazione di Sandokan con la giustizia è relativamente recente, e le dichiarazioni del padrino dei Casalesi potrebbero rivelarsi cruciali per il destino di Nicola Schiavone e del fratello Vincenzo, quest’ultimo già coinvolto in un precedente maxi-processo ai Casalesi. I legami personali ed economici tra Sandokan e i fratelli Schiavone potrebbero essere determinanti per l’evolversi del processo. Il sostituto della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Graziella Arlomede, ha dichiarato di riservarsi il deposito delle dichiarazioni di Sandokan per le prossime udienze, poiché la collaborazione del capo camorrista è appena iniziata.
L’amico storico
Tuttavia, la posizione di Nicola e Vincenzo Schiavone potrebbe essere pesantemente influenzata dalle parole di Sandokan, considerando i loro legami storici. Dalla sua, Nicola Schiavone, durante l’udienza, ha risposto ai cronisti circa le conseguenze della collaborazione di Sandokan. Nicola Schiavone si è detto «tranquillo», esprimendo fiducia nei magistrati e sottolineando la necessità di valutare attentamente le dichiarazioni dell’ex boss.
Nicola Schiavone è una figura avvolta da un alone di mistero e complessità nel panorama della giustizia italiana. Il 70enne è sempre riuscito a sfuggire alle accuse di collusione con il clan dei Casalesi, e alcuni sospettano che possa custodire segreti importanti, magari la tanto ricercata «cassaforte» dei potentati di camorra. Stretto amico (non parente) di Francesco ‘Sandokan’ Schiavone, capo indiscusso dei Casalesi, Nicola Schiavone è stato visto come un classico esponente di quella zona grigia da cui i clan hanno sempre tratto vantaggio. Tuttavia, nonostante i sospetti e le accuse, i giudici non sono mai riusciti a dimostrare un coinvolgimento diretto in attività criminali. Nel celebre maxi-processo ai Casalesi, noto come Spartacus, Nicola è stato addirittura assolto, mentre suo fratello Vincenzo è stato condannato a due anni.
Le proposte di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti di Nicola Schiavone sono sempre state rigettate dai tribunali dal 1995 al 2007, nonostante i sospetti sulla sua vicinanza ai Casalesi.
L’ipotesi accusatoria
Ma il quadro accusatorio della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nei confronti di Nicola Schiavone è molto grave. Recentemente, il giudice per l’udienza preliminare di Napoli, Linda Comella, ha addirittura prosciolto Nicola Schiavone, insieme alla moglie, ai tre figli e ad altre tre persone, dall’accusa di riciclaggio e intestazione fittizia di beni, smontando un pezzo fondamentale dell’inchiesta.
Secondo un’intercettazione intercettato, la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, ha espresso sospetti riguardo alle fortune di Nicola Schiavone, sostenendo che fossero frutto del suo lungo legame con il marito. Il rapporto tra Nicola Schiavone e Sandokan è stato descritto dal giudice come basato su ragioni di riconoscenza per l’aiuto ricevuto negli anni ‘70, quando Francesco Schiavone passò loro le sue aziende. Ora, con il pentimento di Sandokan, gli scenari del processo potrebbero subire una svolta radicale.