Secondo la guardia di finanza veniva gestito dal carcere
È giunta all’epilogo l’inchiesta sul caso «Libeccio», bar di Pegli, nel ponente genovese, la cui gestione sospetta aveva acceso i riflettori della Procura. Secondo la guardia di finanza, la squadra mobile e il S.I.S.C.O., il locale, nonostante risultasse di proprietà di un prestanome, Liberato Soriente, veniva gestito dal carcere da Angelo Russo, già arrestato nel 2019 nel corso di un’operazione antidroga condotta dalla Procura di Napoli, perché ritenuto parte di una rete di narcotrafficanti con base nel capoluogo campano.
Il detenuto, secondo l’accusa, avrebbe usato soldi di dubbia provenienza per gestire il locale, provvedendo anche alla ristrutturazione dopo un incendio doloso avvenuto nel 2016. Le sei persone indagate oggi sono state tutte condannate con rito abbreviato. Il pubblico ministero Federico Manotti aveva chiesto la condanna per oltre 17 anni.
L’accusa aveva in un primo momento contestato l’aggravante di aver voluto agevolare la camorra, aggravante che poi è decaduta. Il giudice ha quindi condannato a 4 anni Angelo Russo (erano stati chiesti 5 anni), 2 anni con pena sospesa per Mario Russo (chiesti 2 anni e 10 giorni), 3 anni per Francesco Cinquegranella (3 anni e 4 mesi) e per Antonio Novelletti (3 anni e 4 mesi). Due anni invece quelli inflitti a Liberato Soriente, con pena sospesa, (erano stati chiesti 2 anni e 10 giorni) e 1 anno, con pena sospesa, per Antonietta Russo (chiesti 1 anno e 4 mesi e 10 giorni).