Lo scontro è tra l’idea di un centrodestra che coltiva un sogno da realizzare rispetto alla storia di una sinistra che non si aggiorna
«Siam discendenti
Di quell’antica gente
Che faceva fermare il cuore
Al nemico,
Ohi, boh,
Oggi l’insegna è nostra,
Per l’onore dell’Italia
E della Sardegna»
#Dimònios
L’inno della brigata Sassari evoca un orgoglio isolano che si traduce in accorato impegno per l’Italia e per la Sardegna. In fondo è un messaggio interno all’insularità ed è rivolto a tutti. La Sardegna con le elezioni di domenica forniscono l’ennesimo banco di prova in cui la coesa coalizione di governo nazionale attraversa l’esperienza della sfida in un cambio di passo in cui sia possibile cogliere e registrare le elezioni come momento, come direbbe il giurista Salvatore Satta, in cui «la vera e la sola storia è il giorno del giudizio».
Siamo, quindi, arrivati al giorno del giudizio elettorale.
Le due coalizioni che si fronteggiano, con il terzo incomodo Soru, e declinano ciascuna con una presenza fisica impersonata da due contendenti che come Paolo Truzzu, nella sua giovanile militanza, ha interpretato ed interpreta la politica come sfida, come impegno per lasciare il segno, come gioia di vedere, con granitica onestà, la crescita della sua terra, insomma riprendendo animicamente le parole di Satta quando coltiva da destra intercettando «il sogno (che) galoppava in quelle brulle lande».
Di contro Alessandra Todde, di origini pentastellate, prova, nel tentativo improbo, a destare l’attenzione del popolo rosso, quello che viene definito «il campo largo» che, di questi tempi, sembra impaludato in una sorta di ritorno all’angusto passato ad un antifascismo di maniera, laddove serva solo a colmare il divario rispetto ad una realtà nella quale diventa difficile definire e organizzare una proposta politica concreta e di sinistra in grado di offrire una prospettiva efficace alla terra sarda.
Ebbene questa sinistra, agli occhi dei più, appare antica e senza belle speranze. Così fornisce una dimensione politica povera ed incapace di scorgere una leadership impersonata da Elly Schlein che sappia confrontarsi con quell’anziana signora che al mercato si presenta con fare risoluto ed atteggiamento determinato nel sollecitare la segretaria del PD contestandola con un «Ma cos’ha, una paresi? Vada a lavorare come ho lavorato io 25 anni in una impresa di pulizia per 500 euro al mese. È una vergogna». E la Elly reagisce, inebetita ed interdetta, rispondendo: «Ha ragione, signora, è una vergogna».
Qui sta la sintesi di una sinistra che quando si confronta con la realtà balbetta, tergiversa, china il capo in assenza di argomenti e soluzioni, di ipotesi di sviluppo e prospettive praticabili.
Insomma la Sardegna appare, oggi, alla sinistra come una entità non bene decifrata, a maggior ragione, quando alla sua sinistra c’è un Soru che assume l’onere di rappresentare la sinistra-sinistra e qui la campagna elettorale si è così concentrata da subito sul sorprendente contrasto tra Soru e il centrosinistra. E quando la Todde parla nel politicistico tentativo di soffermarsi sul «voto utile», Soru risponde che quella della candidata grillina è una «bugia stantia, per cercare di nascondere il progressivo crollo di consensi suo e della sua coalizione».
Qui sta tutto lo scontro tra una destra che sogna una politica diversa e orgogliosa tesa a restituire l’onore all’Italia ed alla Sardegna ed una sinistra che, invece, si sofferma sull’antifascismo e declina il momento all’insegna della resistenza. Insomma lo scontro è tra l’idea di un centro-destra che coltiva un sogno da realizzare rispetto alla storia di una sinistra che non si aggiorna!?