Gli agricoltori hanno donato prodotti alla mensa per i poveri
Circa ottanta trattori in corteo, questa mattina, a Napoli. Bandiere dell’Italia sui mezzi agricoli, striscioni e clacson hanno accompagnato la manifestazione degli agricoltori, impegnati a far sentire la loro voce per unirsi alla protesta che, in queste settimane, sta abbracciando non solo l’Italia.
Nel capoluogo di regione sono arrivati agricoltori da diverse zone della Campania, e, lungo via Marina, si sono fermati alla mensa per i poveri della chiesa del Carmine, donando i prodotti freschi della terra, frutta e verdura, ai bisognosi che qui quotidianamente trovano assicurato, grazie al lavoro di tanti volontari, un pasto.
Le istanze dei produttori
«Grazie di cuore agli agricoltori, che siano ascoltati e che tutte le loro richieste siano accolte», si legge in un post social della pagina della Mensa. Il corteo di trattori ha proseguito, poi, per le strade del centro città, transitando anche per piazza Municipio e il lungomare.
«Siamo oggi a Napoli per dire che il Made in Italy dell’agricoltura va sempre sostenuto, subiamo la concorrenza sleale da Paesi extra-europei che arrivano sui nostri mercati a prezzi molto più bassi. Ad esempio, noi siamo i maggiori produttori di patate, una bustina di patatine da 100 grammi costa un euro e cinquanta centesimi, a noi danno 15 centesimi al chilogrammo, così non si può andare avanti». Così Filippo Di Marco, agricoltore di Acerra, spiega il malessere degli agricoltori.
Le istanze sono state presentate dagli agricoltori al prefetto di Napoli, al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ed al presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Tra le emergenze sottolineate c’è l’introduzione di dazi sui prodotti in arrivo da Paesi extra-Ue che non rispettano gli standard di qualità e sicurezza italiani, ma anche l’eliminazione dell’Irpef agricola, la richiesta di stabilire un prezzo massimo sul gasolio per i mezzi dell’agricoltura ma anche una riforma «per assicurare una rappresentanza più efficace e democratica degli agricoltori, migliorando l’impatto delle loro azioni», si legge.
La provincia di Napoli
La forte protesta degli agricoltori arriva anche in Campania dove, spiega l’agricoltore Vito Lombardi, «solo la provincia di Napoli conta oggi 10.000 aziende agricole di cui il 90% rischia di chiudere. Sono aziende che producono eccellenza, i prodotti della Campania sono invidiati nel mondo interno, ma le politiche europee degli ultimi anni ci costringono a chiudere perché non danno futuro alle nostre aziende, in quanto i costi di produzione sono più alti rispetto ai ricavi».
Il settore è già da una settimana di presidio e oggi a Napoli chiede che «il governo – spiega uno dei partecipanti dal trattore – deve aprire un tavolo di trattativa perché deve ascoltare anche i contadini della provincia di Napoli, siamo tanti».
I protocolli dell’Europa
L’agricoltore Paolo Petrella sottolinea anche che «i Paesi extra Ue non seguono i protocolli dell’Europa e nemmeno quelli dell’Italia. Noi siamo nel Paese con il più alto controllo sui prodotti fitosanitari e produciamo cibo sano per tutti gli italiani: per questo chiediamo di essere ascoltati sulle vere difficoltà delle nostre aziende agricole affinché tutti i cittadini sulle tavole possano continuare ad avere la genuinità dei nostri prodotti».
Sui trattori tantissimi agricoltori giovani, che portano avanti le tradizioni familiari con grande impegno ma vogliono un settore sostenuibile: «L’inflazione su tutta la filiera ha influito sui concimi, sui fitofarmaci, sulla manodopera – spiega Petrella – perché il costo della vita è aumentato. L’unica cosa che non è aumentata è il nostro prodotto genuino che tiriamo dai nostri terreni, non ha subito inflazione e quindi se si va avanti cosi chiudiamo. Sui trattori ci sono tutti giovani, ragazzi a cui i papà hanno rimasto un pezzo di terra da lavorare ma ora non ce la fanno a supportare questi costi così elevati e pensano di chiudere le aziende».