La premier: abbiamo mostrato che la stagione dei soldi gettati al vento per pagare le campagne elettorali è finita
La partita sulle candidature alle Europee non è entrata nel vivo, la premier Meloni ha fatto sapere che deciderà all’ultimo ma nel suo partito c’è in convincimento che arriverà la fumata bianca. «Con lei candidata – azzarda un esponente di spicco di Fratelli d’Italia – blinderemmo l’alleanza di centrodestra e il governo. Si arriverebbe a un plebiscito, avremmo la strada spianata e nuovi equilibri in Europa…».
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Il nodo Europee
Al momento nel centrodestra l’unico a pronunciarsi in maniera netta è stato Salvini che ha annunciato che non sarà della corsa. Secondo quanto si apprende da una fonte parlamentare leghista il generale Vannacci avrebbe già aperto alla possibilità di scendere in campo ma anche in questo caso la decisione ufficiale arriverà più avanti.
Al Sud dovrebbe presentarsi l’ex europarlamentare di FI, Patricello, anche se permane qualche dubbio da parte dei parlamentari leghisti. Al centro, suggerisce qualche ‘ex lumbard’, potrebbe candidarsi il sottosegretario D’Eramo. In FI si presenteranno gli uscenti ma il vicepremier e ministro degli Esteri non scioglierà il nodo prima del congresso nazionale di FI in programma a fine febbraio.
Il tetto di spesa per il personale sanitario
Intanto la premier ‘duella’ in Aula con la segretaria del Pd Elly Schlein e con il presidente del Movimento 5 stelle, Conte. Alla numero uno del Nazareno che la incalza sul tetto alla spesa per il personale sanitario, il Capo dell’esecutivo replica: «Come ricorda la collega il tetto alla spesa del personale sanitario fu introdotto nel 2009: ha portato al crescente ricorso ai contratti a termine e al devastante fenomeno dei medici gettonisti. Facciamo i conti con una situazione stratificata in 14 anni. Non chiederò – aggiunge – perché non lo avete risolto voi questo problema. Le dirò che è un’implicita attestazione di stima che chiedete a noi di risolvere i problemi che non avete risolto in dieci anni al governo: grazie per fidarvi di noi e del nostro governo».
Il patto di stabilità
In attesa di capire le regole di un confronto tv – la partita non è entrata nel vivo – lo scontro è in Aula. Anche con il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte. Il terreno della contesa è il patto di stabilità. «Quando ti presenti al tavolo delle trattative con un deficit al 5,3% causato soprattutto dalla ristrutturazione gratuita delle seconde e terze case e chiedi maggiore flessibilità è possibile che qualcuno ti guardi con diffidenza – attacca la premier -. E se noi, nonostante l’eredità pessima abbiamo portato a casa un buon compromesso è perché in un anno abbiamo mostrato che la stagione dei soldi gettati al vento per pagare le campagne elettorali è finita».
Il presidente del Consiglio nel ‘premier time’ torna sull’affondo a Stellantis e il «coraggio di criticare alcune scelte fatte dalla proprietà e dal management del gruppo quando sono state distanti dagli interessi italiani», dice di volere un milione di auto prodotte in Italia all’anno, ribadisce di non aver tradito il Sud, spiega che con il nuovo Patto di stabilità sono stati liberati 35 miliardi, parla del dossier delle privatizzazioni (si faranno «non per dismettere o svendere»).
La politica estera
Ma il focus del suo intervento a Montecitorio è sulla politica estera. Sul no del governo d’Israele al riconoscimento della soluzione due popoli due Stati in Medio Oriente «non condivido la posizione assunta ultimamente da Netanyahu», afferma chiedendo allo stesso tempo che non ci siano ambiguità sul «rifiuto al riconoscimento del diritto all’esistenza di Israele». Inoltre annuncia che il governo sta «lavorando per portare minori palestinesi in Italia per essere curati nei nostri ospedali» e che l’Italia porterà avanti il dialogo per arrivare a una tregua nel conflitto in Medio Oriente.
Il dibattito al Senato
Al Senato, invece, al centro del dibattito c’è il sostegno dell’Italia a Kiev. Il capogruppo della Lega Romeo ha presentato un ordine del giorno sull’Ucraina al decreto legge sulla proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari» a Zelensky. Nessun riferimento all’invio delle armi ma si sottolinea che «ventitrè mesi di combattimenti hanno chiarito che nessuna delle due parti ha la capacità di ottenere una vittoria militare decisiva sull’altra ed è pertanto impossibile pensare a una soluzione esclusivamente militare». Il testo poi viene limato.
E viene cassato quel riferimento al fatto che «anche l’opinione pubblica italiana non supporta più pienamente gli aiuti militari che il nostro Paese continua a inviare in sostegno all’esercito ucraino e auspica una soluzione pacifica e diplomatica del conflitto».
L’impegno finale chiesto al governo è di «farsi carico, in tutte le sedi competenti, di una concreta e tempestiva iniziativa volta a sviluppare un percorso diplomatico, al fine di perseguire una soluzione del conflitto per giungere a una pace nel ripristino del diritto internazionale». L’ordine del giorno passa con 110 voti favorevoli e 7 astenuti. Il presidente dei senatori della Lega ha premesso nell’Aula che la sua iniziativa è stata portata avanti a titolo personale e di non volersi affatto sfilare dall’impegno a sostegno dell’Ucraina. E poi ha chiarito: «È sbagliato strumentalizzare e vedere questioni e tensioni nella maggioranza che non ci sono. E comunque gran parte delle premesse sono state accolte dal governo. Quello che conta è il risultato»