La giustizia negata: 20 anni per una sentenza, 3 per le motivazioni

di redazione

Sul processo agli Stabile la spada di Damocle della prescrizione

Erano previsti al massimo 90 giorni per il deposito dell’atto con cui il tribunale doveva motivare le condanne inflitte ai presunti capi e gregari del clan Stabile. Invece, di giorni, ne sono passati oltre 1.300 (1.310, per la precisione) e la spada di Damocle della prescrizione, commentano gli avvocati difensori, si è già abbattuta sull’intero processo, durato 23 anni in primo grado per fatti risalenti al 1996.

Un caso di giustizia negata, come denuncia l’avvocato Gennaro De Falco, difensore di tre degli imputati assolti con formula piena i quali non hanno ancora potuto fare ricorso contro l’ingiusta detenzione, né rivendicare la ragionevole durata del processo e si sono visti rifiutare le loro richieste di lavoro a causa dai carichi pendenti. La legge prevede 15 giorni per il deposito delle motivazioni delle sentenze, ma sono concesse delle proroghe, che solitamente non raggiungono i 90 giorni, per i casi più complicati, com’è stato per il processo che ha visto alla sbarra una ventina di appartenenti alla camorra.

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Nella fattispecie, però, si sono superati tutti i record: il tribunale di Napoli ha infatti emesso il dispositivo di condanna del processo di primo grado il 26 maggio 2020, ma il deposito delle motivazioni risale ad appena due giorni fa, cioé al 27 dicembre 2023. Nel processo al clan Stabile – iniziato nel 1998 e durato 23 anni solo per il primo grado, 25 se consideriamo anche l’udienza preliminare – sono stati contestati reati gravissimi come l’omicidio, il tentato omicidio, l’associazione per delinquere di tipo mafioso, la rapina, l’estorsione e il traffico di droga.

Questa non è giustizia

«Sulle condanne avrebbe dovuto essere già dichiarata la prescrizione, che andava applicata in relazione alla legge vigente fino al 2005», spiega De Falco. «Sono convinto – aggiunge – che ormai si è prescritto tutto il processo». «Pensavo ormai di andare in pensione senza leggerle, queste motivazioni – continua l’avvocato – ma la mia costanza è stata premiata. Ricordo però che questa non è giustizia ma solo soldi, tempo e vite bruciati». De Falco ricorda anche che «già nel 2001, per esempio, la Cassazione ha escluso la presenza dei gravi indizi di colpevolezza per uno dei miei clienti. Ma nonostante ciò il processo si è inspiegabilmente protratto per decenni».

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Nel corso di questi anni già si era giunti all’assoluzione per i reati più efferati, cioé per gli omicidi, e il tribunale di Napoli, nel maggio 2020, ha inflitto condanne tra 26 e 12 anni di reclusione a 11 dei 19 imputati. I restanti li ha assolti «percé il fatto non sussiste», «per non avere commesso il fatto» e, anche, perché i reati «si sono estinti per intervenuta prescrizione». Ora, come se non bastasse, c’è anche la difficoltà di notificare il deposito delle motivazioni a tutti gli avvocati che si sono susseguiti nel processo, visto che, nel frattempo, diversi di questi sono morti, come anche diversi imputati.

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