Avrebbero perfino cercato di spingerla a togliersi la vita
Invece di difenderla e tutelarla dopo le violenze sessuali subite dal branco, il fratello e la sorella, avrebbero tentato di persuadere la vittima degli abusi del gruppo di giovani, anche minorenni – alcuni dei quali rampolli delle cosche locali – a ritrattare quanto dichiarato alla polizia e ai magistrati della Procura di Palmi.
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E, per fare questo, avrebbero perfino cercato di spingerla a togliersi la vita e a costringerla a farsi sottoporre ad una visita psichiatrica per ottenere un certificato che ne attestasse l’incapacità di intendere e di volere in modo da rendere inutilizzabili le sue dichiarazioni. Siamo a Seminara, comune del Reggino.
Qui, i due familiari della ragazza, assieme ai rispettivi compagni, sono finiti ai domiciliari con l’accusa di violenza e minaccia. In tutto sono quattro le misure cautelari disposte dal gip di Palmi su richiesta del procuratore Emanuele Crescenti che, già lo scorso novembre, per le violenze sessuali di gruppo, aveva chiesto e ottenuto l’arresto di altri quattro soggetti, tra cui tre giovani imparentati con i boss della ‘ndrangheta, finiti in carcere, e il figlio di un amministratore locale per il quale erano stati disposti i domiciliari.
L’inchiesta «Masnada»
Il caso era stato portato alla luce nell’inchiesta denominata «Masnada» che aveva visto una quindicina di indagati per le violenze perpetrate nei confronti di due ragazze: una delle quali in particolare vittima dei suoi aguzzini dal 2022, quando era ancora minorenne, in balia di coetanei che la trattavano «alla stregua di uno strumento di piacere». E’ inquietante il quadro che emerge dalle carte dell’inchiesta nella quale si punta il dito contro un ambiente caratterizzato da un’asfissiante presenza della ‘ndrangheta.
Non è un caso che, nella prima richiesta di arresto che ha riguardato i componenti del branco, i pm abbiano sottolineato «il contesto territoriale e ambientale di riferimento» e aggiunto che che «non può non considerarsi l’elevatissimo spessore criminale delle famiglie di appartenenza». Secondo la Procura, infatti, c’era il «rischio» che i rampolli dei clan coinvolti nell’inchiesta «possano esercitare una fortissima coazione» sulla vittima «e sui suoi familiari affinché non depongano o dicano il falso, onde difendersi dagli addebiti a loro contestati». Se questo si è verificato saranno le successive indagini a dimostrarlo.
Le indagini
Per ora è emerso che il fratello e la sorella della vittima, assieme ai loro rispettivi compagni, avrebbero tentato di intralciare la giustizia. Stando alle indagini, condotte dal commissariato di Palmi, infatti, sono emersi svariati e reiterati episodi di vessazione subiti dalla ragazza da parte dei due familiari che, contrari alla sua scelta di denunciare, hanno costantemente tentato di ostacolarne la collaborazione con gli investigatori. La ragazza sarebbe stata addirittura ‘invitata’ a suicidarsi dai parenti che le avrebbero pure disattivato la scheda telefonica del cellulare simulandone uno smarrimento. La polizia di Stato, durante il blitz scattato all’alba, ha eseguito diverse perquisizioni personali e locali. Sequestrati dispositivi elettronici, informatici e telefoni cellulari.
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