«Noir vesuviano» o «giallo vulcanico»: come scrivere il «crime» e adoperare la letteratura per veicolare la legalità
C’è un modo nuovo di scrivere il «crime», che ha rivoluzionato quel genere letterario. La critica l’ha definito «noir vesuviano» o «giallo vulcanico». È lo stile che ha fotografato in maniera unica l’universo del Capitano Giulio Mariani, l’investigatore dell’Arma nato dalla penna del giornalista Giovanni Taranto, dando vita, per la prima volta, non a un generico poliziesco, ma a un vero e proprio «carabinieresco» onesto e realistico nei confronti della Benemerita.
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Da settembre il Capitano Mariani – o meglio, «’o Capitano», come lo chiamano i fans – è tornato in tutte le librerie con la terza delle sue indagini: «Mala fede» (Avagliano editore). Un giallo ambientato a Pompei che esplora gli abissi del satanismo a Napoli e nel Vesuviano, la presenza delle sette in Italia e il rapporto distorto tra mafie e religione.
Non il solito detective
«Per fare un bel libro ci vuole una buona storia e quella di Mala fede lo è, profonda, misteriosa e intrigante, di respiro internazionale. – ha scritto uno che di gialli se ne intende: Carlo Lucarelli – Ci vuole lo stile giusto, e questo, così teso, veloce, ricco e sorprendente, lo è di sicuro. Ma anzitutto ci vuole un grande personaggio che ce la racconti. Ecco, il capitano Mariani non è il solito detective da romanzo giallo, è un vero e proprio ‘uomo che cerca’: inquieto, appassionato e tenace. Ironico e acuto. Soprattutto umano. E il bello è che non è da solo. Qui ce ne sono tanti come lui, un bellissimo gruppo di personaggi, non solo tra gli investigatori, a cui affezionarsi».
Con la Pm Di Fiore, gli uomini del Nucleo Operativo e l’amico nerista Gianluigi Alfano, il detective dell’Arma dovrà fare luce su un duplice anomalo rapimento, fatti di sangue e il furto d’arte del secolo, spingendosi fin quasi a un incidente internazionale. Un romanzo che propone anche un’attenta narrazione di eventi reali che hanno segnato il percorso di fede e nuova conversione di Bartolo Longo, figura carismatica del cattolicesimo vesuviano, il cui passato oscuro è ignoto ai più.
Da alcuni anni Taranto è impegnato a portare al grande pubblico i temi della legalità proprio attraverso il mondo del giallo. L’esordio nel 2021 con «La fiamma spezzata», con prefazione del vicecomandante generale dell’Arma dei Carabinieri.
Il romanzo successivo, «Requiem sull’ottava» nota, con prefazione del procuratore nazionale antimafia, ha vinto il Premio nazionale Mysstery 2023 al Festival del giallo di Napoli. Affronta il tema del reclutamento dei minorenni da parte della criminalità organizzata, e sarà al centro di un progetto di lettura a Nisida. Il suo romanzo più recente, «Mala fede», è stato recentemente oggetto di un tavolo di discussione in Senato, come modello di un nuovo modo di adoperare lo strumento della letteratura per veicolare i temi della legalità.
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