La lunga confessione di Antonio Pipolo in aula
«Chiedo perdono sapendo di non meritarlo, ho ucciso una persona innocente. Per i suoi familiari non ci sarà mai più pace». E’ una lunga confessione quella di Antonio Pipolo, 30 anni, che, collegato in videoconferenza dal carcere in cui si trova, ha raccontato in aula di aver ucciso Antimo Imperatore, la cui unica colpa è stata quella di trovarsi a casa del boss Carlo Esposito, reggente dei clan De Martino del quartiere Ponticelli di Napoli.
«Ho ucciso Esposito, poi ho visto la sagoma di un uomo e ho fatto fuoco», spiega. Imperatore era in quell’appartamento perché stava aggiustando le tapparelle di un balcone. Estraneo alla malavita è stato ucciso per errore. I familiari si sono costituiti parte civile nel processo che vede Pipolo come unico imputato. Pipolo era scampato la sera prima a un agguato in una discoteca di Posillipo: «Mi accorsi di quello che stava succedendo e scappai in tempo». Poi si armò e «in una macchina di una donna-pusher che conoscevo mi feci accompagnare a casa di Esposito. Entrai e lo uccisi, poi vidi un altro uomo e feci fuoco».