Caivano, imprenditori versavano al clan fino al 10 per cento dell’importo dei lavori

di Redazione

Certificato «il forte interesse e l’infiltrazione della camorra all’interno del Comune»

A Caivano, se volevi lavorare, dovevi pagare. L’appalto, truccato, te lo facevano vincere. Ma poi dovevi versare anche fino al 10 per cento dell’importo dei lavori. Amministratori e dirigenti comunali infedeli segnalavano i nomi dei vincitori ai clan della zona. Ne ricevevano in cambio, regali e sostegni.

Il cerchio dell’inchiesta dei Carabinieri sul malaffare al Comune, il 16 ottobre sciolto per camorra dal Consiglio dei ministri, si chiude con l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto complessivo di diciotto persone. Nove di esse erano state fermate il 10 ottobre scorso. Il fermo, misura precautelare, è stato ora sostituito da una misura cautelare. Tra loro un ex assessore, un ex consigliere e un ex dirigente comunale.

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Altre nove persone coinvolte entrano ora nella stessa inchiesta: si tratta di sei imprenditori edili locali, posti agli arresti domiciliari, mentre gli altri sono esponenti della criminalità organizzata locale. Tra loro anche Angelino Antonio, considerato dagli investigatori a capo del gruppo criminale operante a Caivano. Associazione di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e reati contro la Pubblica Amministrazione le accuse contestate agli indagati.

L’indagine, come spiega il maggiore Andrea Coratza, comandante del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, che ha condotto l’inchiesta sotto il coordinamento della Dda, «ha permesso di certificare il forte interesse e l’infiltrazione della camorra all’interno del Comune specificatamente nel settore dei lavori pubblici e degli appalti. Gli imprenditori se da una parte erano agevolati nell’aggiudicarsi le gare d’appalto attraverso dazioni corruttive ai pubblici funzionari, dall’altra parte dovevano versare una quota parte estorsiva alla criminalità organizzata».

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La ‘cooperazione’ tra dirigenti ed ex assessori e consiglieri

Nella prima parte dell’inchiesta era già emerso il ruolo di amministratori pubblici ritenuti organici al clan. I nomi delle imprese vincitrici degli appalti venivano segnalati ai camorristi che si presentavano a riscuotere il pizzo. C’era anche tra gli amministratori infedeli chi rivolgeva direttamente la richiesta di pagamento agli imprenditori o chi tentava di intercedere quando la somma era troppo alta. Come era emerso lo scorso 10 ottobre, tra i lavori al centro dell’inchiesta anche l’appalto da un milione di euro per gli interventi nell’istituto scolastico superiore ‘Morano’ del Parco Verde dove si recò la premier Giorgia Meloni durante la sua visita a Caivano.

L’assegnazione dei lavori avveniva, secondo Dda e Carabinieri, attraverso una ‘cooperazione’ tra dirigenti ed ex assessori e consiglieri che sceglievano le ditte cui affidare le opere. Inquietante uno dei risvolti emersi dall’inchiesta: «Quelli hanno chiamato un’altra volta… questi vi fanno male… facci una bella busta e dagliela e togliamo un altro bordello di mezzo».

A parlare agli operai di una ditta assegnataria di un appalto da 120mila euro relativo alla realizzazione e al rifacimento dei marciapiedi a Caivano (Napoli) erano in questi termini Carmine Peluso e Giovanbattista Alibrico, rispettivamente ex assessore comunale di Caivano ed ex consigliere comunale accusati di fare parte del clan camorristico locale guidato dal boss Antonio Angelino, già raggiunti lo scorso 10 ottobre da misure cautelari. Per la presidente dell’Antimafia, Chiara Colosimo, l’operazione dimostra che «stare dalla parte della criminalità non conviene. Passo dopo passo vinceremo questa sfida».

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